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mercoledì 26 agosto 2009

Lifelong learning in the European Union is stagnating 28 luglio 2009


This indicator expresses the proportion of people aged between 25 - 64 that stated they receveid education or training in the four weeks prior to being surveyed. This indicator can also be broken down by aged or sex, and could be compemented by indicators from the Adult Education Survey that look at subjects of lifelong learning and the main provider of this activity.

lunedì 3 agosto 2009

Le competenze chiave europee per l'apprendimento permanente



Il 18 dicembre 2006, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato una Raccomandazione ‘relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente’.
Questo documento, si inquadra nel processo, iniziato a seguito del Consiglio europeo di Lisbona del 2000 e conosciuto come ‘strategia di Lisbona’, che ha come obiettivo finale quello di fare dell’Europa ‘l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo (...)’. Per ottenere questo risultato, è stata fissata (Consiglio europeo, Barcellona marzo 2002) una serie di obiettivi che devono essere raggiunti per il 2010, attraverso l’impegno di tutti gli Stati membri e delle istituzioni europee, costantemente impegnate nel monitoraggio sui progressi fatti e nell’individuazione di ulteriori strategie da adottare.I 13 obiettivi, fanno riferimento a 3 finalità strategiche che coinvolgono tutti i settori dell'educazione e della formazione, nella prospettiva di dare vita a un sistema di apprendimento permanente.
Lo sviluppo di competenze chiave, oggetto della Raccomandazione, è uno dei 5 obiettivi che sono stati individuati per ‘rafforzare l’efficacia e la qualità dei sistemi’.
La realizzazione degli obiettivi del 2010 ha richiesto la definizione di un quadro europeo di riferimento per le competenze di base e l’istituzione, da parte della Commissione europea, di uno specifico gruppo di lavoro.
Tutto questo è coinciso con un lavoro parallelo sulle competenze compiuto in altri contesti internazionali.Già, per esempio, il progetto dell’OCSE su “Definizione e Selezione delle Competenze” (DeSeCo) ha basato la riflessione su ciò che dovrebbero essere le competenze di base per la società della conoscenza.Per quanto riguarda i programmi di studio dell’istruzione obbligatoria, poi, l’indagine di Eurydice, Key competences: a Developing Concept in General Compulsory Education ha sottolineato un interesse crescente per le competenze chiave considerate come essenziali per una piena partecipazione dell’individuo alla vita sociale. Anche l’indagine internazionale PISA 2003 ha messo in evidenza l’importanza dell’acquisizione di competenze più ampie per la riuscita nell’apprendimento. Oltre alle competenze nella lettura, nella matematica e nelle scienze, questa indagine ha infatti valutato anche competenze trasversali come la motivazione all’apprendimento, i comportamenti e la capacità di ogni studente di individualizzare il proprio percorso formativo.
Tenendo conto anche di questi sviluppi internazionali, il gruppo di lavoro ha definito otto ambiti di competenze chiave, così individuati nella Raccomandazione sopra citata:
Comunicazione nella madrelingua;
Comunicazione nelle lingue straniere;
Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
Competenza digitale;
Imparare ad imparare;
Competenze sociali e civiche;
Spirito di iniziativa e imprenditorialità;
Consapevolezza ed espressione culturale.
La Commissione Europea ha adottato i termini competenze e competenze chiave preferendolo a competenze di base, in quanto generalmente riferito alle capacità di base nella lettura, scrittura e calcolo. Il termine “competenza” è stato infatti riferito a una “combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto”. Allo stesso tempo, le “competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione”.
Dovrebbero essere acquisite al termine del periodo obbligatorio di istruzione o di formazione e servire come base al proseguimento dell’apprendimento nel quadro dell’educazione e della formazione permanente. Si riferiscono, dunque, a tre aspetti fondamentali della vita di ciascuna persona:
la realizzazione e la crescita personale (capitale culturale);
la cittadinanza attiva e l’integrazione (capitale sociale);
la capacità di inserimento professionale (capitale umano).
La Commissione europea porta avanti un lavoro di monitoraggio costante, per valutare i progressi che vengono fatti nella realizzazione degli obiettivi stabiliti a Lisbona. I risultati del monitoraggio vengono resi noti attraverso la pubblicazione di rapporti periodici.
Nel documento di lavoro “Progress towards the Lisbon Objectives in Education and Training” (maggio 2006), ad esempio, la Commissione aveva sottolineato che i progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi di Lisbona erano ancora insufficienti, in particolare per quanto riguarda le competenze nella lettura.
Allo stesso modo, tramite questa raccomandazione, la Commissione richiama l’attenzione sulla definizione di riferimenti e principi europei comuni che possano sostenere utilmente le politiche nazionali. Benché tali raccomandazioni non costituiscano un obbligo per gli stati membri, contribuiscono certamente a incoraggiare le riforme per quanto riguarda i diversi aspetti dell’apprendimento permanente

lunedì 6 luglio 2009

Lifelong learning ed educazione non formale




Le iniziative e i documenti del Consiglio d’Europa sostengono politiche basate sulla prospettiva di lifelong learning (apprendimento nel corso della vita o formazione continua). La visione di lifelong learning è una visione inclusiva e comprensiva che tiene conto sia dell’educazione formale che di quella non formale. E’ il caso di definire e specificare tre termini che più volte sono citati nei testi del Consiglio d’Europa presi in esame: educazione formale, educazione non formale, educazione informale
L’educazione formale è ogni tipo di educazione strutturata e regolare organizzata dalle istituzioni che si conclude con un certificato di riconoscimento, quale può essere il diploma o la laurea ad esempio. E’ un’educazione suddivisa cronologicamente per gradi, dalla scuola primaria, alla secondaria, all’insegnamento universitario (o superiore).
L’educazione non formale è un’attività educativa intrapresa al di fuori del sistema formale e perciò al di fuori della scuola al di fuori delle attività curricolari. L’educazione non formale e le attività extra-curricolari che la compongono non rilasciano alcuna documentazione o certificato di frequenza.
Infine, l’educazione informale rappresenta l’apprendimento non pianificato che accompagna ogni persona nella vita quotidiana e che corrisponde alle esperienze di ogni giorno acquisite nell’ambito della famiglia, degli amici, del gruppo di pari, dai media
Nonostante l’attenzione più volte riproposta sul tema del lifelong learning e dell’educazione non formale e il crescente riconoscimento delle autorità dei paesi membri in materia, il Consiglio d’Europa riconosce la persistenza di un divario tra concetto teorico sviluppato e pubblicizzato e realizzazione pratica dello stesso. Riscontrando risultati positivi nelle situazioni pratiche di sviluppo di educazione non formale proposto agli studenti e notando l’interesse crescente per associazioni di volontariato di differenti ambiti, il Consiglio, nei testi proposti dall’Assemblea Parlamentare e dal Comitato dei Ministri, sostiene questi concetti riproponendoli frequentemente.
Per quanto riguarda l’Assemblea Parlamentare, la Raccomandazione 1353 del 1998, in tema di accesso delle minoranze all’educazione superiore, subito all’inizio del testo asserisce che il diritto all’educazione è un diritto primario non solo per alunni, ragazzi, ma per tutti gli esseri umani, perché solo attraverso di esso le persone crescono, si realizzano, si inseriscono nella vita della società.
La Raccomandazione e Dichiarazione del 1999 collega l’educazione non formale al tema dell’educazione alla cittadinanza democratica basata sui diritti e sulle responsabilità. Nell’occuparsi di educazione alla cittadinanza democratica propone un programma basato su tre aspetti: policy-making, research and data collection, training and awareness-raising. Proprio nel primo aspetto include l’assistenza agli stati membri nell’inserimento dell’educazione alla cittadinanza democratica all’interno dei programmi educativi, e del riconoscimento dell’apporto dato dal volontariato e dall’apprendimento non formale.
La raccomandazione che più specificatamente tratta la tematica dell’educazione non formale è la 1437 del 2000. In questo documento l’educazione non formale è considerata parte fondamentale che accompagna l’educazione formale, che, sola, non può rispondere e affrontare il rapido cambiamento sociale, economico e tecnologico della nostra società. Inoltre aggiunge che “l’educazione non formale è una parte integrante del concetto di lifelong learning, che permette ai giovani e agli adulti di acquisire e mantenere capacità, abilità e prospettive necessarie per adattarsi al continuo cambiamento dell’ambiente”. L’Assemblea Parlamentare individua tra le iniziative con le quali gli individui possono prendere parte all’educazione non formale, il ruolo importante svolto dalle Organizzazioni non governative, e invita i governi degli stati membri a incentivare la collaborazione tra insegnanti, educatori e ONG e a supportare le attività educative non formali attraverso particolari finanziamenti alle ONG. L’Assemblea richiama la Dichiarazione Finale della quinta Conferenza dei Ministri Europei responsabili della Gioventù nella quale i paesi europei sono spronati a riconoscere le capacità acquisite attraverso l’educazione non formale, e richiama i governi affinché riconoscano l’educazione non formale come parte del processo di formazione continua, rendano accessibile a tutti l’educazione non formale e monitorino sui risultati ottenuti.
Relativamente alle raccomandazioni del Comitato dei Ministri, la Raccomandazione 3 del 1998, in tema di accesso all’educazione superiore, collega il concetto di formazione continua alla possibilità di accesso all’educazione di grado superiore dicendo che “… l’obiettivo dell’apprendimento durante il corso della vita per tutti richiede una ampia e
uguale opportunità di accedere all’educazione superiore”. Parlando uguali opportunità ci si riferisce ad un concetto di eguaglianza inteso non solo in senso formale, o de jure, ma anche sostanziale, effettivo, basato sul principio di non discriminazione (e proprio sul tema della non discriminazione la raccomandazione dedica un intero paragrafo). La raccomandazione, infine, dedica il sesto paragrafo dell’Appendice all’accesso al lifelong learning , ricordando che i governi e gli istituti di educazione superiore devono riconoscere l’importanza del contributo che l’educazione superiore dà al lifelong learning, e devono incoraggiare gli adulti, sia coloro che hanno esperienza di educazione di grado superiore che coloro che non hanno tale esperienza, a parteciparvi. Infine la Raccomandazione 6 del 2002 si occupa delle politiche di educazione superiore nel corso della vita. Essa riconosce l’apprendimento nel corso della vita uno strumento per evitare l’esclusione sociale e promuovere la partecipazione democratica. Definisce il lifelong learning come “un processo di continuo apprendimento che mette in grado tutti gli individui, dall’infanzia all’età adulta, di acquisire e aggiornare le conoscenze, le abilità e le competenze a diversi livelli della loro vita e con una varietà di condizioni, formali e non formali, con il proposito di massimizzare il proprio sviluppo personale, ampliare le opportunità e incoraggiare un’attiva partecipazione alla società democratica”4. L’azione dei governi deve essere orientata, quindi, ad offrire agli individui l’opportunità di acquisire conoscenza nei differenti momenti della vita e un uguale accesso alle proprie aspirazioni, richiamando così il concetto di eguaglianza già affrontato dalla raccomandazione 3 del 1998. I governi devono inoltre incoraggiare gli istituti di educazione superiore ad intraprendere e sostenere iniziative di formazione continua che rispettino i principi di trasparenza e qualità.
Il Comunicato Finale della Conferenza per l’Anno Europeo della cittadinanza attraverso l’educazione racchiude nel documento e nel Piano d’Azione molteplici dei concetti contenuti nei precedenti testi e raccomandazioni, come per racchiudere e sintetizzare una molteplicità di tematiche intrecciate tra loro. Nel definire la cittadinanza attiva l’obiettivo dell’Anno 2005, sottolinea il contributo dato dal lifelong learning formale e non formale e l’importanza di rafforzare le politiche di EDC e di HRE perché considerate il migliore strumento di educazione formale e non formale.

lunedì 1 giugno 2009

Come tradurre il termine "literacy"?


La traduzione del termine inglese literacy è complessa. Il termine italiano "alfabetizzazione" indica da un lato il processo con cui gli analfabeti diventano alfabetizzati, ed è dunque strettamente legato alla nozione di analfabetismo, e dall'altro un insieme di conoscenze e abilità di base, cioè fa riferimento ad un livello minimo di capacità che non esaurisce né costituisce l'obiettivo dell'accertamento del progetto PISA. Per superare questi limiti, in altre occasioni si è tradotto l'inglese literacy con il neologismo "letteratismo", parafrasato quest'ultimo con l'espressione "competenze alfabetiche funzionali" (Gallina, 2000; Vertecchi, 2000). Il termine letteratismo, tuttavia, mal si adatta a definire gli altri due ambiti dell'accertamento del PISA, la matematica e le scienze, dal momento che le espressioni "letteratismo matematico" e "letteratismo scientifico" rischiano di essere poco chiare. In relazione a queste difficoltà si è deciso di chiedere agli altri National Project Managers di PISA come avessero tradotto il termine "literacy" e le espressioni "reading literacy", "mathematical literacy", "scientific literacy".
Si sono ricevute le seguenti risposte:
AustriaWe used the German word "Kompetenz" as substitute for literacy. So we refer to the three domains as Lese-Kompetenz, Mathematik-Kompetenz and Naturwissenschafts-Kompetenz.The German Konsortium uses Kompetenz only for Reading, but "Grundbildung" for Maths and Science (mathematische Grundbildung and naturwissenschaftiche Grundbildung).
BelgioLes débats ont également été intenses à ce propos, et il n'a pas été possible de trouver un terme unique pour les 3 domaines : "reading literacy" a donc été traduit par "compréhension de l'écrit" et pour les maths et les sciences, le mot "culture" a été retenu (culture mathématique et scientifique). Ce serait trop long de te détailler tous les arguments qui ont été développés mais, comme tu peux le voir, la solution n'est pas très satisfaisante.
FinlandiaWe have translated term "reading literacy" using Finnish term "lukutaito" that has a long tradition in our language basically expressing if you are able to read or not. Of course, in the PISA context (and in the modern world) it has a slightly different meaning that we have explained, too. We have had much more serious problems with terms "Science litreracy" and Math literacy" which are almost impossible to translate into Finnish.It is not easy to translate the concept literacy equivalently but the main idea is that it is not only reading but searching, processing and communicating information/knowledge which may be in textual, mathematical or scientific form.
GermaniaIn Germany literacy is mostly translated by "Grundbildung" which means something like "basic education/knowledge/skills" but not all people who are concerned with the topic are happy with it and for example the German mathematics experts differentiate "Mathematical Literacy" as understood in the PISA framework from "Mathematische Grundbildung" which covers the basic knowledge and skills which is defined in German curricula.Many authors also leave it untranslated and use just "literacy" and add an explanation (e.g. in the introduction) of what the PISA conception/definition covers.
SpagnaIn Spanish there is no direct or equivalent translation of the word literacy. In spanish "literacy" is currently only used to mean 1) the process by which illitercy is removed, i.e., the process of teaching to illiterate people, and 2) a basic level of knowledge in new areas where knowledge is not fully extended to the general population, i.e. computer literacy, economics literacy, etc... Literacy (alfabetización), without a qualifier (economic, informatic, etc.) is always associated to illiteracy.So, it has been a big problem to decide how to translate literacy in the context of PISA. The translators that work on the first and second PISA books (the spanish version of first book is already on the PISA web page) decided to translate "literacy", depending on the context by "capacidad", "habilidad", "competencia", "destreza", "formación", etc. and by reformulating the sentences to mantain the original meaning in english.
SveziaWe recognize the problem and we have been having long discussions. Reading literacy is translated in Swedish to "läsförmåga" which is the same as the English word reading ability. Mathematical literacy and Scientific literacy are translated to "Matematiskt kunnande" and "Naturvetenskaplig kunnande". These words can be translated back to Mathematical and Scientific knowledge which maybe are not so good solutions. However, we could not come up with something better. We are writing for politicians and the words we are using have to be "ordinary" words, not too complicated.
Svizzera tedescaLeistungen in Lesen. Mathematik und Naturwissenschaftem,
Svizzera franceseCompétences en lecture, en mathématique et en sciences
Dopo avere considerato le diverse possibilità, la scelta è stata quella di tradurre il termine literacy con l'espressione "competenza" e le espressioni "reading literacy", "mathematical literacy" e "scientific literacy" con, rispettivamente, "competenza di lettura", "competenza matematica" e "competenza scientifica". Il termine competenza include una componente di "sapere" e una componente di "saper fare", riflettendo così la definizione di literacy del PISA che fa riferimento alla capacità di cercare, identificare, elaborare e comunicare informazioni.E' utile ribadire come, nel caso di un termine quale literacy, qualsiasi traduzione abbia limiti e vantaggi e come la nostra scelta sia motivata dall'esigenza di tradurre in modo comprensibile e allo stesso tempo fedele un'espressione e un concetto che sono stati concepiti in un'altra lingua. D'altra parte la difficoltà incontrata nel tradurre il termine literacy in italiano è condivisa dalla maggior parte degli altri Paesi non-anglofoni che partecipano a PISA (come dimostrato dalle risposte riportate) che hanno fatto scelte terminologiche in molti casi analoghe a quella qui proposta.
Riferimenti bibliograficiGallina V. (2000), "Le competenze alfabetiche funzionali (letteratismo) e la ricerca Ials-Sials", in V. Gallina (a cura di), La competenza alfabetica in Italia. Una ricerca sulla cultura della popolazione, Franco Angeli-CEDE, pp. 29-56.Vertecchi B. (2000), "Letteratismo e democrazia", in V. Gallina (a cura di), La competenza alfabetica in Italia. Una ricerca sulla cultura della popolazione, Franco Angeli-CEDE, pp. 15-28.

sabato 30 maggio 2009

Il Quadro unico europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF)


Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 rappresenta il punto di avvio di un processo virtuoso, che ha coinvolto gli Stati membri e i rispettivi sistemi nazionali di istruzione e formazione professionale. Sulla base, infatti, della comune esigenza di far fronte a problematiche nuove, derivanti da rapidi cambiamenti economici, sociali, tecnologici e dal continuo bisogno di rinnovamento delle competenze dei cittadini-lavoratori, i Paesi europei decidono insieme di puntare sullo sviluppo del sistema di istruzione e formazione, per accrescere il livello di competitività dell’Europa. Con Lisbona si apre una prospettiva di stretta cooperazione in materia di istruzione e formazione professionale (VET – Vocational education and training) fra gli Stati membri.

La dialettica fra Paesi fa emergere un panorama complesso e multiforme, caratterizzato da significative differenze fra sistemi di istruzione e formazione di livello nazionale e regionale e da diverse condizioni di governance complessiva dei sistemi. Quella europea, dal punto di vista delle opportunità di istruzione, formazione e lavoro, è ancora una realtà solo virtualmente fruibile in senso globale, a causa della mancanza di trasparenza delle qualifiche e della carenza di disposizioni che permettano ai cittadini di trasferire le proprie competenze da un sistema all’altro.




E-learning e web 2.0: una dimensione sociale dell'apprendimento virtuale




L'era della formazione a distanza (Fad), individuale, svolta in un ambiente chiuso, dai contenuti fortemente strutturati e rigidi è definitivamente tramontata. La diffusione del web 2.0, l’uso di webcam, wiki, blog, software multimediali e tecnologie partecipative ha permesso un salto di qualità nei programmi di formazione a distanza. L’e-learning è oggi un ambiente di apprendimento aperto, flessibile e informale che viaggia in rete, abbatte le frontiere di spazio e tempo e contribuisce alla diffusione delle conoscenze e delle competenze. Le metodologie e gli strumenti dell’e-learning di ultima generazione puntano infatti sempre più a forme di apprendimento collaborativo, le quali pongono il fruitore al centro di una molteplicità di relazioni e lo rendono partecipante attivo, nonché costruttore di conoscenza. Il singolo diventa il centro della rete, contribuisce alla creazione dei contenuti e li condivide in modo interattivo con gli altri. Apprendimento formale, non formale e informale si intrecciano, generando una fluidificazione dei saperi. Grazie alla rete si apprende informalmente, quasi per caso, e l’esperienza quotidiana diventa complementare a quella istituzionale. Siamo all’interno di quello che viene definito, a livello europeo, il processo di apprendimento lungo tutto l’arco della vita (lifelong learning).






martedì 26 maggio 2009

Glossario dell'Educazione degli Adulti in Europa



Nel corso del secondo semestre del 1996, la presidenza irlandese aprì un dibattito
all’interno del Comitato dell’Educazione del Consiglio dell’Educazione della
Comunità Europea per una futura strategia riguardo all’educazione e la formazione
lungo tutto l’arco della vita. Il dibattito si concentrò su un insieme di termini
“nuovi”, quali “ambienti di formazione”, “ambiti formali, non-formali e informali”,
“educazione comunitaria”, etc…che, a loro volta, determinarono l’introduzione
di concetti nuovi e diversi, attinenti all’apprendimento piuttosto che all’educazione,
sull’integrazione dei diversi ambiti educativi, e sulla promozione di percorsi
individuali all’interno di questi.
Era chiaro fin dall’inizio che questo dibattito avrebbe costituito una sfida, e che
questa volta le difficoltà non sarebbero derivate dalle differenze fra sistemi educativi
“napoleonici” o “non napoleonici” , né dalle diversità fra “Nord” e “Sud”. Era
stato chiesto al Comitato di formulare la propria opinione sulla cooperazione fra i
settori formale e non-formale dell’educazione, dal momento che il progamma
Socrates e i programmi precedenti riguardanti l’educazione si incentravano sulla
promozione della cooperazione nell’ambito del sistema educativo formale.
La prospettiva tradizionale era cambiata e questo causò un consistente problema
di comunicazione.
Il comitato non era in possesso di una terminologia rispondente all’educazione
e alla formazione lungo tutto l’arco della vita, al di fuori del sistema educativo formale,
ed era incapace di trovare una comune base per aprire il dibattito.
All’epoca, io ero responsabile, per la Commissione Europea, dell’Azione per
l’Educazione degli adulti, costituita di recente, e la mancanza di dialogo fra i due
settori, salvo qualche eccezione per alcuni paesi, non era una novità per me.
Metodi, obiettivi e strutture sono infatti diversi.
Tuttavia emergeva chiaramente dai documenti redatti sia dagli Stati membri sia
dalla Comunità la necessità di un rinnovo completo delle conoscenze e delle competenze
per l’insieme della popolazione quale indispensabile premessa per un
pieno esercizio della cittadinanza e una maggiore competitività sul mercato del
lavoro.
Di conseguenza l’azione Educazione degli adulti in Socrates, creata senza uno
specifico scopo se non quello di promuovere la dimensione europea nell’educazione
degli adulti, diventò immediatamente un piccolo laboratorio di avanguardia.
Ciò fornì la base necessaria per attivare sperimentazioni in ordine alle questioni
chiave dell’educazione degli adulti: promozione della domanda individuale,
miglioramento dell’offerta, necessari servizi di supporto e procedure per la validazione
e certificazione di competenze già acquisite. Tutto questo fornì anche l’impulso
per tentare di superare il vuoto a livello comunicativo. Era necessario un linguaggio
comune per codificare le conoscenze fondamentali di questo settore e la
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terminologia di base.
Ecco la ragione per cui la proposta dell’Associazione Europea dell’Educazione
degli Adulti di realizzare un Glossario sulla materia è giunta quanto mai opportuna.
E altrettanto valida risulta l’idea della pubblicazione di questo manuale, dal
momento che coincide con una fase importante dell’educazione degli adulti: l’adozione
da parte del Consiglio dell’Educazione del nuovo programma comunitario
sull’educazione per il periodo 2000-2006, programma che prevede, per la prima
volta, un “capitolo” consacrato all’educazione degli adulti: “Grundtvig:
Educazione degli Adulti e Altri Percorsi Educativi”
Siamo pertanto passati da un’azione di scarsa entità quale era quella del programma
precedente ad una che costituisce la base per l’innovazione dell’educazione
degli adulti in Europa.
In questo contesto, il Glossario va al di là del suo scopo iniziale. Fornisce un
repertorio delle pratiche più significative in questo ambito a livello europeo.
Descrive i principali sviluppi storici, politici, sociali dell’educazione degli adulti -
un settore profondamente radicato nella società civile di ciascun paese.
Il quadro che ne emerge è vario e affascinante, anche se non è sempre facile da
interpretare, e costituisce una fonte inesauribile di creatività e di modelli originali
per i sistemi formativi europei.





venerdì 22 maggio 2009

La qualità delle azioni formative. Criteri di valutazione tra esigenze di funzionalità e costruzione del significato.



Il bisogno di valutare attività e progetti formativi è crescente in tutti i campi, nel privato e nel pubblico. Gli interventi valutativi si moltiplicano, ma non sempre colgono la sostanza, l'effettiva qualità, delle attività svolte. Spesso c'è bisogno di valutazioni rapide, globali e sintetiche, condotte tramite indicatori, col rischio di non pervenire a una vera comprensione delle esperienze. C'è scarsa chiarezza, anche, sulle metodologie, che spesso vengono applicate in modo eclettico, senza un chiaro orientamento conoscitivo. Assistiamo a una continua produzione di "modelli", ma nella sostanza non si riesce ad andare oltre il tradizionale schema obiettivi/risultati.
Il libro propone una riflessione di ampio respiro sui temi della valutazione, a cominciare dai criteri di razionalità e di ragionevolezza che seguiamo nel giudicare la validità delle nostre iniziative. Ci si confronta con la logica della funzionalità, con l'imperativo dell'efficacia e dell'efficienza, facendo emergere però una diversa logica, quella dell'esperienza formativa come costruzione di significati. Parecchio spazio viene dedicato all'approccio qualitativo nella ricerca sociale ed educativa, distinguendo il piano delle scelte epistemologiche da quello delle metodologie e delle tecniche di raccolta e di elaborazione dati. A proposito di qualità delle azioni formative, si insiste sul fatto che la vera qualità non è data dalle caratteristiche organizzative, ma dal carattere evolutivo dell'azione, dal rapporto con gli itinerari biografici, e dai percorsi cognitivi che vengono attivati.
Le attività formative considerate sono soprattutto quelle rivolte ad adulti, per l'inserimento sociale e lavorativo, lo sviluppo professionale, e nei diversi percorsi di educazione permanente. Però i criteri indicati sono in gran parte applicabili anche nella valutazione di attività di educazione iniziale e formazione generale di base.

mercoledì 20 maggio 2009

Libro Bianco Insegnare ad Apprendere Verso la Società Conoscitiva




L’istruzione e la formazione appaiono come l’ultimo
rimedio al problema dell’occupazione.
Obiettivi individuati dal documento: incoraggiare
l’acquisizione di nuove conoscenze, avvicinare
la scuola all’impresa, lottare contro l’esclusione,
conoscere tre lingue comunitarie, creare
parità tra gli investimenti materiali e quelli nella
formazione.
Riassunto
Presentato nel 1995 dalla Commissione europea,
su iniziativa della signora Edith Cresson,
commissario per la ricerca, l’istruzione e la
formazione, del sig. Padraig Flynn, commissario
per l’occupazione e gli affari sociali, e con
l’accordo del sig. Martin Bangemann, commissario
per l’industria, le telecomunicazioni e le
tecnologie dell’informazione, il libro bianco
parte da una constatazione: le mutazioni in
corso hanno incrementato le possibilità di ciascun
individuo di accedere all’informazione e
al sapere. Tuttavia, al tempo stesso, questi
fenomeni comportano una modifica delle
competenze necessarie e del sistemi di lavoro
che necessitano notevoli adattamenti. Per tutti
questa evoluzione ha significato più incertezza.
Per alcuni si è venuta a creare una situazione
di emarginazione intollerabile, Sempre
più la posizione di ciascuno di noi nella società
verrà determinata dalle conoscenze che
avrà acquisito. La società del futuro sarà quindi
una società che saprà investire nell’intelligenza,
una società in cui si insegna e si
apprende, in cui ciascun individuo potrà
costruire la propria qualifica. In altro termini,
una società conoscitiva.
I tre «fattori di cambiamento»
Fra i numerosi e complessi mutamenti che travagliano
la società europea, tre grandi tendenze,
tre grandi «fattori di cambiamento» sono particolarmente
percettibili: si tratta dell’estensione a
livello mondiale degli scambi, dell’avvento della
società dell’informazione e del rapido progresso
de11a rivoluzione scientifica e tecnica.
• La società dell’informazione: la sua conseguenza
principale è quella di trasformare le
caratteristiche del lavoro e l’organizzazione
della produzione. I lavori di routine e ripetiti
vi, lavori cui era destinata la maggior parte
dei lavoratori dipendenti, vanno scomparendo
a vantaggio di un’attività più autonoma,
più variata. Il risultato è un diverso rapporto
nell’impresa. Il ruolo del fattore umano assume
più importanza, ma al tempo stesso il
lavoratore è più vulnerabile rispetto al cambiamenti
dell’organizzazione del lavoro, perche
è diventato un semplice individuo confrontato
a una rete complessa. Sorge quindi
la necessità per tutti di adattarsi non solo al
nuovi strumenti tecnici, ma anche al1a trasformazione
de11e condizioni di lavoro.

• L’estensione a livello mondiale degli scambi:
questo fattore sconvolge i dati sulla creazione.
di posti di lavoro. Dopo un primo
momento in cui ha interessato soltanto lo
scambio di merci, di tecnologia e gli scambi
finanziari, l’estensione degli scambi a livello
mondiale cancella le frontiere fra i mercati
del lavoro, a un punto tale che il mercato
globale dell’occupazione è una prospettiva
più vicina di quanto non si creda. Nel libro
bianco «Crescita, competitività, occupazione
», la Commissione ha chiaramente accolto
la sfida dell’apertura mondiale, sottolineando
al tempo stesso l’importanza di
mantenere il modello sociale europeo, il
che comporterà un miglioramento generale
delle qualifiche, altrimenti l’onere sociale
rischia di essere tale da diffondere fra i cittadini
una sensazione di insicurezza.
• La civiltà scientifica e tecnica: io sviluppo
delle conoscenze scientifiche, la loro applicazione
ai metodi di produzione, i prodotti
sempre più sofisticati che sono il risultato di
questa applicazione, danno origine a un
paradosso malgrado un effetto generalmente
benefico, il progresso scientifico e tecnico
fa sorgere nella società un sentimento di
minaccia, addirittura una paura irrazionale.
Ne consegue la tendenza a conservare della
scienza soltanto un’immagine violenta e
preoccupante. Numerosi paesi europei
hanno cominciato a reagire a questa situazione
di disagio: promuovendo la cultura
scientifica e tecnica sin dai banchi di scuola;
definendo regole etiche, in particolare nel
settori della biotecnologia e delle tecnologie
dell’informazione; ovvero ancora favorendo
il dialogo fra gli scienziati e i responsabili
politici, se necessario tramite istituzioni
create appositamente.
Le risposte: cultura generale e attitudine
all’occupazione
Quali sono le risposte che possono fornire l’istruzione
e la formazione per eliminare gli effetti
nocivi previsto causati da questi tre «fattori»?
Senza pretendere di essere esaustivo, il libro
bianco propone due risposte.
a. Rivalutare la cultura generale
La prima risposta consiste nella rivalutazione
della cultura generale. In una società in cui
l’individuo dovrà essere in grado di comprendere
situazioni complesse che evolvono in
modo imprevedibile, in cui dovrà affrontare un
cumulo di informazioni di ogni genere, esiste
un rischio di separazione fra coloro che possono
interpretare, coloro che possono solo utilizzare
e coloro che non possono fare ne l’una ne
l’altra cosa. In altri termini, tra coloro che
sanno e coloro che non sonno. Lo sviluppo
della cultura generale, cioè della capacità di
cogliere il significato delle cose, di capire e di
creare, è la funzione di base della scuola, nonché
il primo fattore di adattamento all’economia
e all’occupazione.
Inoltre si osserva sempre più un ritorno della
cultura generale nel centri di formazione professionale,
nei programmi di riconversione del
lavoratori con poche qualifiche o molto specializzati:
essa diventa un passaggio obbligato
verso l’acquisizione di nuove competenze tecniche.
La sete di cultura generale è Illustrata
peraltro dal successo spettacolare di un’opera
come «Il mondo di Sofia» di Jostein Gartner,
che propone un’iniziazione alla filosofia.
b. Sviluppare l’attitudine all’occupazione
Secondo orientamento: sviluppare l’attitudine
all’occupazione. In che modo l’istruzione e la
formazione possono aiutare i paesi europei a
creare occupazioni durevoli, in quantità paragonabile
al posti di lavoro scomparsi a causa
delle nuove tecnologie?
Il sistema tradizionale, quello che generalmente
segue l’individuo, è la conquista del titolo di
studio. Ne risulta una tendenza generale, a
livello europeo, di prolungare gli studi e una
forte pressione sociale per ampliare l’accesso
agli studi superiori. Se il diploma resta oggi il
miglior passaporto per l’occupazione, il fenomeno
tuttavia ha un rovescio della medaglia:
una svalutazione del settori professionali, ritenuti
opzioni di seconda categoria; una sovraqualificazione del giovani, rispetto alle occupazioni
che vengono proposte loro quando entrano
nella vita attiva; infine, un’immagine del
diploma come riferimento quasi assoluto di
competenza, che permette di filtrare le elite al
vertice e, più generalmente, di classificare i lavoratori
in una determinata occupazione, Da questo
deriva una maggiore rigidità del mercato del
lavoro e un enorme spreco dovuto all’eliminazione
di persone dotate di talento, ma che non
corrispondono al profilo standard.
Senza rimettere in questione questa via tradizionale
in quanto tale, il libro bianco suggerisce
di associarvi un’impostazione di tipo più aperto,
più flessibile. Essa consiste in particolare nell’incoraggiare
la mobilità del lavoratori - dipendenti,
insegnanti, ricercatori - e degli studenti.
Al giorno d’oggi sorprende dover constatare che
in Europa le merci, i capitali e i servizi circolano
più liberamente delle persone e delle conoscenze!
Tuttavia perché questa mobilità venga veramente
attuata bisogna passare da un riconoscimento
delle conoscenze acquisite all’interno
dell’Unione europea: non solo per quanto
riguarda i diplomi, ma anche per le varie materie
che li compongono. In altri termini, uno studente
che abbia effettuato un semestre di studio
in un altro paese europeo dovrebbe ottenere
automaticamente il riconoscimento dall’università
di origine, senza dovere ripetere gli esami
corrispondenti. Attualmente questo è possibile
soltanto se le due università interessate hanno
già stipulato un accordo fra loro. Una vera
mobilità comporta l’eliminazione degli ostacoli
amministrativi e giuridici (legati al diritto di soggiorno
e ai regime di protezione sociale), oppure
fiscali (imposizione delle borse di studio).
Un’altra idea-impulso: l’accesso alla formazione
deve essere sviluppato nell’arco di tutta la vita.
Visto che tutti, autorità pubbliche o imprese, ne
sottolineano la necessità, i progressi compiuti in
questo senso sono molto scarsi. Nell’Unione
europea, un lavoratore dipendente beneficia
mediamente di una settimana di formazione
continua su un periodo di tre anni! Questo è
tanto più insufficiente, che tenuto conto del
cambiamenti dell’organizzazione del lavoro,
imputabili in particolare alle tecnologie dell’informazione,
la formazione relativa a questi
nuovi strumenti ha un carattere urgente. L’Anno
europeo 1996, dedicato all’istruzione e alla formazione
nell’arco di tutta la vita. deve aiutarci a
prendere coscienza di questa esigenza.
Ma la società dell’informazione non modifica
soltanto il funzionamento dell’impresa. Essa
offre anche nuovi orizzonti per l’istruzione e la
formazione, ma bisogna essere attrezzati per
sfruttare pienamente questo potenziale.
Orbene, la frammentazione del mercato europeo
nel settore dell’istruzione multimediale, la
qualità ancora scarsa del prodotti didattici disponibili,
la scarsa disponibilità di elaboratori
nelle classi ( ogni 30 alunni in Europa, ogni IO
alunni negli Stati Uniti) hanno come conseguenza
una penetrazione molto lenta di questi strumenti
nelle nostre scuole. Per questo motivo la
Commissione attribuisce priorità allo sviluppo di
software multimediale per l’istruzione, coordinando
ancor più gli sforzi di ricerca compiuti in
questa direzione dall’Unione europea. Peraltro
è questo il compito affidato ad una «task force»
che raggruppa le risorse della sig.ra Cresson e
del sig. Bangemann.
Mobilità, formazione continua, ricorso al nuovi
strumenti tecnologici Questa maggiore flessibilità
nell’acquisire conoscenze ci invita a riflettere
su nuovi modi per il riconoscimento delle competenze
acquisite, sia che siano state sancite da
un diplomo, che in caso contrario. Questa impostazione
è già stata messa in pratica: il Toefl, che
consente di valutare le conoscenze della lingua
inglese di chiunque, i test per la
matematica, sono tutti dispositivi che hanno
dimostrato la loro validità.
A questo punto perché non immaginare una
«tessera personale delle competenze}}, sulla
quale figurerebbero le conoscenze del titolare,
che siano di base (lingue, matematica, diritto,
informatica, economia, ecc.) o tecniche, ovvero
addirittura professionali (contabilità, tecnica
finanziaria)? In questo modo un giovane non
munito di diploma potrebbe candidarsi a un
posto di lavoro munito della tessera sulla quale
figurerebbero le sue competenze per quanto
riguarda l’espressione scritta, le conoscenze linguistiche,
il trattamento testi. Quest’idea viene
sviluppata nell’ultima parte del libro bianco.
Tale formula permetterebbe di valutare istantaneamente
le qualifiche di ognuno in ogni
momento dello propria vita, contrariamente ai
diplomi che, nel corso degli anni - e sempre più
rapidamente - perdono il loro valore.
Orientamenti per l’azione
La costruzione della società cognitiva non sarà
oggetto di un decreto, ma sarà un processo continuo.
Questo libro bianco non ha l’ambizione di
presentare un programma di provvedimento, la
Commissione non propone .un toccasana. Essa
intende soltanto proporre una riflessione e tracciare
delle linee d’azione. Senza in alcun modo
volersi sostituire alle responsabilità nazionali, li
libro bianco suggerisce che vengano raggiunti
cinque obiettivi generali per un’azione e, per
ciascuno di loro, uno o più progetti di sostegno
svolti a livello comunitario.
1. Favorire l’acquisizione di nuove conoscenze:
in altre parole, innalzare il livello
generale delle conoscenze in questa prospettiva,
la Commissione invita anzitutto a riflettere
su nuovi sistemi di riconoscimento delle competenze
che non sono necessariamente sancite da
un diploma. A livello europeo, il libro bianco
propone un nuovo sistema di riconoscimento
delle competenze tecniche e professionali.
Come attuare questa impostazione? Anzitutto
creando delle reti europee di centri di ricerca e
di centri di formazione professionale, di imprese,
di settori professionali che permetteranno di
identificare le conoscenze più richieste, le competenze
indispensabili. Si tratterà quindi di definire
i metodi migliori per il riconoscimento (test,
programmi di valutazione, addetti alla valutazione...).
Alla fine il risultato potrebbe essere una
tessera personale delle competenze che permetterebbe
a chiunque di far riconoscere le
proprie conoscenze e competenze in tutta
l’Unione europea.
Il libro bianco vuole inoltre facilitare la mobilità
degli studenti. La Commissione proporrà di
autorizzare uno studente che abbia ottenuto
una borsa di studio nel proprio paese a utilizzarla,
qualora lo desideri, per seguire del corsi
in un istituto superiore di un altro Stato membro.
Essa proporrà inoltre di diffondere il riconoscimento
reciproco delle «unità di valore»
dell’insegnamento (sistema ECTSSistema europeo
di trasferimento di crediti accademici), vale
a dire delle varie conoscenze di cui è composto
il diploma. Infine, la Commissione proporrà di
eliminare gli ostacoli amministrativi giuridici e
relativi alla protezione sociale che frenano gli
scambi di studenti, di partecipanti a corsi di formazione,
insegnanti e ricercatori. Infine verranno
pubblicati bandi di gara comuni al vari programmi
comunitari che si interessano allo sviluppo
di materiale didattico informatizzato multimediale.
2. Avvicinare lo scuola e l’impresa: sviluppare
l’apprendimento in Europa sotto tutti gli aspetti.
II libro bianco propone di collegare tramite una
rete i centri di apprendimento del vari paesi
europei, favorire la mobilità degli apprendisti
nel quadro di un programma del tipo Erasmus e
mettere a punto uno statuto europeo dell’apprendista,
facendo seguito al prossimo libro
verde sugli ostacoli alla mobilità transnazionale
delle persone in corso di formazione,
3. Lottare contro l’emarginazione.- offrire uno
secondo opportunità tramite la scuola. I giovani
esclusi dal sistema scolastico sono a volte decine
di migliaia nei grandi agglomerati urbani.
Sempre più le scuole che si trovano in quartieri
particolarmente sensibili vengono riorientate
verso dispositivi che offrano una seconda
opportunità. Si tratta per queste scuole di
migliorare l’accesso alle conoscenze facendo
ricorso a migliori insegnanti, pagati meglio che
altrove, nonché a ritmi di insegnamento adattati,
a tirocini nelle aziende, disponibilità di materiale
multimediale, classi composte da un
numero ridotto di alunni. Inoltre la scuola deve
svolgere il ruolo di centro d’animazione in un
contesto in cui crollano i riferimenti sociali e
familiari.
Come fare? li libro bianco propone di sviluppare
i finanziamenti complementari europei, a
partire da programmi esistenti quali i programmi
Socrates o Leonardo, appoggiando finanziamenti
nazionali e regionali. Si suggerisce anche
di sviluppare la concertazione e il partenariato
con il settore economico: si potrebbe, ad esempio,
immaginare che ogni impresa sponsorizzi
una scuola, eventualmente con promessa di
assunzione qualora il riconoscimento delle
competenze sia soddisfacente. Le famiglie
sarebbero anch’esse coinvolte direttamente nel
funzionamento del dispositivo di formazione.
Infine, il ricorso a nuovi metodi pedagogici, tecnologie
dell’informazione e tecnologie multimediali
verrebbe fortemente incoraggiato.
4. Possedere tre lingue comunitarie: un marchio
di qualità. La conoscenza di più lingue è diventata
oggi una condizione indispensabile per
ottenere un lavoro e questo è ancor più necessario
in un mercato europeo senza frontiere.
Inoltre costituisce un vantaggio che permette di
comunicare più facilmente con gli altri, scoprire
culture e mentalità diverse, stimolare l’intelletto.
Il plurilinguismo, elemento d’identità e caratteristica
della cittadinanza europea, è inoltre un
elemento alla base della società conoscitiva.
Pertanto il libro bianco propone di istituire un
marchio di qualità «classi europee», che verrebbe
attribuito, in base a un certo numero di criteri,
alle scuole che abbiano sviluppato meglio
l’apprendimento delle lingue. Gli istituti che
otterranno questo marchio saranno collegati fra
di loro mediante una rete. Peraltro verrebbe
sistematicamente favorita la mobilità del professori
di lingua materna verso gli istituti di altri
paesi.
5. Trattare sullo stesso piano l’investimento a
livello fisico e l’investimento a livello di formazione.
Non basta portare l’istruzione e la formazione
a livello di priorità per la competitività e
l’occupazione. Bisogna inoltre incoraggiare, grazie
a provvedimenti concreti, le imprese o le
autorità pubbliche che hanno compiuto grandi
sforzi a favore di questo investimento «non
materiale», a proseguire sulla stessa strada. Ciò
comporta, in particolare, un’evoluzione del trattamento
fiscale e contabile delle spese destinate
alla formazione. Sarebbe quindi auspicabile
che venissero adottate disposizioni a favore
delle imprese che attribuiscono particolare
attenzione alla formazione, affinché una parte
degli stanziamenti impegnati a questo scopo
vengano iscritti in bilancio all’attivo, come beni
non patrimoniali. Parallelamente dovrebbero
essere sviluppate formule del tipo «risparmio
formazione», destinate a persone che desiderino
rinnovare le loro conoscenze o riprendere
una formazione dopo avere interrotto gli studi.
Queste raccomandazioni non hanno la pretesa
di risolvere l’insieme delle questioni sospese. II
libro bianco ha un obiettivo più modesto: contribuire,
tramite le politiche dell’istruzione e
della formazione degli Stati membri, a orientare
l’Europa sulla strada della società cognitiva.
Esso intende inoltre avviare, nel corso del prossimi
anni, un dibattito più vasto, poi che sono
necessarie trasformazioni profonde. Come ha
dichiarato la sig.ra Cresson, «I sistemi d’istruzione
e di formazione hanno troppo spesso l’effetto
di tracciare una volta per tutte il percorso
professionale. C’è troppa rigidità, troppi ostacoli
tra i sistemi d’istruzione e di formazione,
monca la comunicazione, mancano le possibilità
di ricorrere a nuovi tipi di insegnamento nell’arco
di tutta la vita».
Il libro bianco può contribuire a dimostrare che,
per garantire il futuro dell’Europa e il suo posto
nel mondo, occorre attribuire un’attenzione
prioritaria allo sviluppo personale del suoi cittadini,
un’attenzione almeno pari a quella accordata
finora alle questioni economiche e monetarie.
In questo modo l’Europa dimostrerà che
non è soltanto una semplice zona di libero
scambio, ma un insieme politico organizzato, in
grado, non già di subire, ma di controllare l’espansione
a livello mondiale.

martedì 19 maggio 2009

Oltre l'e-learning, verso la società della Conoscenza


Una riflessione sulle risorse e gli strumenti per un processo di trasformazione delle informazioni in conoscenze La società in cui viviamo ci induce a continui cambiamenti. Stiamo ancora assorbendo l'onda d'urto della net economy, che ha portato una forte spinta all'innovazione nel mercato e nell'organizzazione del lavoro, seguita da una fase anche drammatica di riflusso: oggi si tratta di riprendere un percorso di crescita che valorizzi nuovi metodi e strumenti su basi più solide e razionali. Anche lo Stato, che progressivamente sta riorganizzando le procedure della Pubblica Amministrazione con l'uso dell'informatica ed in particolare di Internet, promuove nuove modalità di interazione con i cittadini e le imprese. La recente introduzione della firma digitale come requisito per la presentazione di atti amministrativi ne è un esempio. Saper utilizzare le nuove tecnologie non è semplicemente un'ulteriore opportunità accanto alle altre, ma al contrario rappresenta un elemento necessario per abitare lo spazio della vita pubblica, per esercitare quella che possiamo chiamare una "cittadinanza digitale". La stessa prospettiva ci viene proposta dall'Unione Europea, che si orienta verso un nuovo modello di società, quella basata sulla conoscenza, e intende realizzarlo entro il 2010 proprio con il supporto e la diffusione delle tecnologie digitali. In questo scenario l'aggiornamento del proprio sapere e "saper fare" è un fattore decisivo di competitività. Anche il contesto in cui si deve apprendere è cambiato: il tempo disponibile per l'aggiornamento è sempre minore, le conoscenze necessarie nel mondo del lavoro aumentano in quantità e peggiorano in qualità, sono spesso decontestualizzate, parcellizzate, in continua evoluzione; c'è bisogno di risorse formative ed informative che possano essere immediatamente applicate nella pratica, che possano corrispondere alle esigenze della persona nel momento in cui queste esigenze si manifestano (just in time). In questo scenario emerge sempre più evidente la necessità di un approccio in cui i modelli formativi classici, che pure mantengono la loro validità nelle situazioni più consolidate, possano progressivamente evolvere verso processi di acquisizione di know-how ove tutte le componenti coinvolte, da quelle tecnologiche a quelle pedagogiche, da quelle organizzative a quelle editoriali, siano organizzate secondo nuovi paradigmi. I tradizionali indicatori di efficacia ed efficienza devono essere riveduti alla luce delle tecnologie informatiche e della comunicazione, perché queste hanno dimostrato di avere una influenza fondamentale rispetto ai modi in cui ci informiamo, apprendiamo, ci aggiorniamo. L'e-Learning, che nella sua accezione più diffusa, ma anche riduttiva, è inteso come l'utilizzo di multimedialità e di Internet per migliorare l'insegnamento, ha rappresentato solo un primo timido passo rispetto all'integrazione delle tecnologie nella pratica formativa. Infatti, l'e-Learning attualmente propone meccanismi di gestione di materiali didattici coerenti con le tecnologie via via emergenti: da una parte insistendo sugli standard per l'interoperabilità ed il riuso (la nascita dei Learning Objects ne è un esempio), dall'altra adottando metodi e tecnologie per l'erogazione controllata di contenuti formativi (in particolare i Learning Management Systems). Si può certamente riconoscere che la dimensione multimediale ha prodotto un arricchimento delle modalità espressive e che Internet ha permesso la diffusione dell'apprendimento a distanza, ma tutto questo è avvenuto nel quadro di una concezione ancora tradizionale, istituzionale della formazione. Al contrario di quel che sembra essere prioritario dell'etimologia del termine, e-Learning viene inteso quasi sempre nel senso di "automazione dell'insegnamento tradizionale" (trasferimento di contenuti pedagogici - di formato testo o altro; eserciziari classici, misurazione mediante test consolidati e gestibili in linea, gestione dell'ufficio formazione). Non c'è alcun dubbio che questo possa essere assai utile in molti casi, ma non è certamente un approccio centrato sull'apprendimento (learning) bensì piuttosto sull'insegnamento (teaching). Una analogia con il mondo della produzione e dei servizi software: la stessa cosa avviene fra le strategie technology-push e quelle user-pull: le prime offrono soluzioni indipendenti dai potenziali problemi dell'utente, le seconde offrono al contrario una analisi della situazione utente prima ancora di immaginare una potenziale offerta di soluzione. Ancora una analogia: la differenza sembra quella fra offerta di prodotti (che per loro natura, in genere sono poco modificabili rispetto alle esigenze utente) e offerta di servizi (che non esistono se non sono adattati alle esigenze utente). Una delle riflessioni che stanno stimolando il dibattito nel mondo della formazione riguarda il cosiddetto Informal Learning. Si osserva che una parte considerevole di ciò che impariamo, in particolare di ciò che siamo in grado di utilizzare nell'ambito del lavoro, non proviene da corsi strutturati e formalizzati, ma da molteplici fonti con cui veniamo in contatto in modo più o meno casuale: letture di libri e di giornali; esplorazioni su Web, in genere attraverso motori di ricerca o portali di riferimento; dialogo con colleghi o conoscenti, spesso gli elementi più interessanti emergono quando ci si scambiano esperienze e rielaborazioni personali. Oggi noi tutti abbiamo a disposizione una grande quantità di informazioni1, certo. Disporre di informazioni, tuttavia, non basta per generare apprendimento: è necessario un processo che possa trasformare le informazioni in conoscenze, seguito dalle rispettive astrazioni: "Informazione"(2) e "Conoscenza"(3). Questo processo può avvenire in modo naturale nell'individuo quando questi attiva spontaneamente le proprie strategie, se ne esistono le condizioni (capacità della persona, tempo, preconoscenze necessarie, ...). Se queste condizioni non si verificano, il processo di trasformazione delle informazioni in conoscenze, così come le loro astrazioni generali (Informazione e Conoscenza) può essere facilitato dall'accesso ai risultati di un'attività di modellazione, strutturazione e classificazione delle informazioni, soprattutto quando si tratta di tematiche complesse ed estese, lontane da quanto la persona è abituata ad affrontare e interpretare. Le fonti a disposizione (Internet, eventi di comunicazione in presenza e a distanza) ci offrono un'inestimabile ricchezza di dati, informazioni, idee, punti di vista, che tuttavia comportano una serie di problemi: la quantità di informazioni troppo grande per essere gestita in tempi ragionevoli, la difficoltà di stabilire il livello di oggettività e di autorevolezza (la qualità) di quanto si legge e si ascolta, la disomogeneità dei materiali rispetto agli obiettivi dell'utente nel contesto specifico in cui opera spesso limitano le possibilità di fruizione delle informazioni e dunque della loro capitalizzazione (trasformazione in conoscenze). Perché questa ricchezza non vada perduta, o non rimanga sottoutilizzata, sembra necessario definire un quadro di riferimento che includa come elementi fondamentali, non sporadici, sistematici dei veri e propri servizi di modellazione e strutturazione dell'informazione operati da specialisti (knowledge workers) in grado di selezionare, valutare e riorganizzare informazioni e conoscenze. Il risultato di questi processi di rielaborazione sono unità di conoscenza di dimensioni ridotte che potremmo chiamare Knowledge Objects in analogia, ma anche in contrapposizione ai learning objects di cui sopra. Questi oggetti elementari di conoscenza sono dotati del privilegio di essere autosufficienti e perciò, grazie alla loro autonomia, possono essere utilizzati per diverse finalità, dalla formazione fino all'aggiornamento, dall'aiuto just in time nelle attività operative fino alla comunicazione esterna o interna, superando i limiti degli attuali "componenti", costruiti secondo metodi e tecniche aderenti a modelli classici di trasferimento dell'informazione indipendente dal contesto d'uso. È evidente che il fenomeno e-Learning evolverà, differenziandosi e specializzandosi come tutte le attività umane mediate da tecnologie, verso l'e-knowledge, spostando gradualmente l'obiettivo fondamentale dalla didattica tradizionale a quei processi di diffusione e condivisione di conoscenza da cui un "cittadino digitale" non può rimanere escluso.

Glossario
e-Learning L'utilizzo delle nuove tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell'apprendimento agevolando l'accesso a risorse e servizi nonché gli scambi e la collaborazione a distanza (Definizione della Commissione Europea).
Formazione "just in time" Produzione ed erogazione di risorse formative "in tempo reale", in modo da corrispondere alle esigenze dell'utente specifiche di un determinato momento.
Semantic Web - Semantic Grid Infrastrutture informatiche che sviluppano le potenzialità di Internet per la collaborazione e la condivisione di informazioni su basi semantiche, grazie all'introduzione nella Rete della capacità automatica di generare servizi interattivi.
Knowledge Object Unità autonoma di conoscenza selezionata e strutturata in modo da essere facilmente applicata, condivisa, archiviata e recuperata all'interno di molteplici processi di comunicazione, formazione ed informazione.
Learning Object Unità autonoma di contenuto formativo, fruibile all'interno di molteplici percorsi di apprendimento, all'interno di diverse piattaforme di erogazione.
Learning Management System (LMS) Applicazione software per la gestione e l'amministrazione di corsi di formazione a distanza, utilizzata in particolare all'interno di organizzazioni.
Informal Learning L'apprendimento attraverso forme non istituzionali: libera ricerca di informazioni, comunicazione, fruizione di materiali non direttamente finalizzati alla formazione.
Knowledge Management Gestione della conoscenza: il problema di far emergere le conoscenze proprie di ciascun dipendente o di ciascun settore e metterle a disposizione di tutti per la crescita globale dell'organizzazione.

venerdì 15 maggio 2009

Cos’è e-learning?


Cominciamo con l’analizzare il significato della parola e-learning.- E’ un modo diverso di apprendere, alternativo all’insegnamento in aula.- E’ una metodologia di auto-apprendimento e/o formazione, che utilizza un insieme integrato di strumenti tecnologici per la comunicazione a distanza.Le tre modalità fondamentali di utilizzo di questi strumenti sono:- apprendere in modo autonomo (auto-formazione);- apprendere in modo parzialmente assistito (tutoraggio);- apprendere ricevendo una serie di informazioni e assistenza da parte di un formatore (insegnamento).Potenzialità dell’e-learningI vantaggi principali dell’e-learning sono:- la facilità con cui è possibile erogare formazione a distanza ad un’ampia utenza;- non ci sono manuali da rivedere e ristampare, bensì documenti in formato digitale, i cui contenuti sono molto più snelli da aggiornare;- grazie a questi nuovi supporti formativi, il docente può provvedere a cambiare "in corsa" i materiali del corso;- nel caso in cui l’utenza da raggiungere sia ampia e distribuita su ampi territori, i costi dell’utilizzo di strumenti di e-learning sono più bassi di quelli della formazione tradizionale.Non basta la tecnologia perché l’e-learning porti dei beneficiVediamo adesso alcuni aspetti rischiosi nell’uso dell’e-learning:- E necessario che i contenuti, siano diversificati, meno generalisti come spesso capita nei prodotti venduti "a pacchetto", più vicini alle reali esigenze delle aziende e, in generale, è necessaria una maggiore attenzione alla "usabilità". - Prima di verificare il funzionamento di una tecnologia è importante verificare come la gente lavora con la tecnologia.- Al docente è richiesta una capacità, non sempre comune, di saper individuare ed implementare rapidamente i supporti didattici che devono essere aggiornati.- Uno dei presupposti dell’introduzione di qualunque strumento di gestione digitale delle informazioni è un contestuale cambio dell’organizzazione aziendale o personale, di gestire ed utilizzare le informazioni stesse. Introdurre solo tecnologia in un processo organizzativo senza cambiamenti nel modo di fare le cose, porta benefici minori di quelli potenziali e in alcuni casi paradossali, solo maggiori costi.- La strada che ha portato all’e-learning, metodologia didattica ancora agli albori dopo anni di gestazione, è cosparsa di insuccessi di vario tipo, di solito causati dalla sottovalutazione di aspetti tecnici o pratici, alcune volte anche banali.- E’ importante che vengano adottati strumenti tecnologici di produzione ed erogazione maturi, altrimenti si rischia di produrre a costi troppo elevati o produrre prodotti non visibili dall’utente finale. E’ importante fare molti test di erogazione dei prodotti a campioni di utenza e produrre prodotti formativi facili da utilizzare

mercoledì 13 maggio 2009

Lifelong Learning



La nostra società è una learning society: la società della riflessività, dell’apprendimento, nella quale imparare è la condizione essenziale per vivere, per lavorare, per essere individui capaci di progettualità, responsabilità ed autonomia. Ma è anche la società nella quale, proprio attraverso l’apprendimento, è, soprattutto, possibile e doveroso esprimere pienamente i propri diritti di cittadinanza in modo attivo e consapevole. Il problema di fondo è che la learning society presuppone un progetto educativo capace di interessare tutti gli uomini lungo tutto l’arco della loro vita, che coinvolga non solo la scuola, come si è ritenuto per lungo tempo, ma la società tutta, raccordando le innumerevoli agenzie esistenti quali mass media, mondo del lavoro, realtà della cultura e della politica, famiglia, comunità, Chiesa, con il sistema educativo tradizionale.

Adultità


ADULTITÀRivista semestrale sulla condizione adulta e i processi formativiDIRETTA DA DUCCIO DEMETRIODal 1995, attorno all’età adulta, si ritrovano periodicamente, per discuterla, analizzarla, immaginarla, ricercatori e osservatori del reale dalle più svariate origini culturali, nonché autori la cui sensibilità indaga i modi dell’essere adulti nella storia delle religiosità, delle iconologie, delle arti.I due numeri all’anno (di primavera e d’autunno), seppur monografici, sono attraversati ogni volta da contributi dedicati ai saperi sull’età adulta, antichi e contemporanei; alle ricerche empiriche e fenomenologiche e, infine, alla poetica letteraria e filosofica, espressiva ed estetica, religiosa e libertina che ben prima dell’affermarsi delle scienze positive ha anticipato la scrittura mitica, romanzesca, lirica volta alla descrizione e all’interpretazione dei significati dell’adultità.Adultità è dunque il luogo dell’esplorazione accademica ed esperienziale; il tempo della lettura e della scrittura, della meditazione e della suggestione e, soprattutto, il crocevia delle voci e della disponibilità all’ascolto.




Apprendere in eta' adulta


“Perché l’Educazione degli adulti non formale è importante?”– si chiede Stefano De Camillis nel suo nuovo libro in questi giorni in libreria "Filosofia dell’apprendimento in età adulta"Edup (pp. 192 € 19,00). Cos’è l’apprendimento in età adulta? Perché l’apprendimento spontaneo e leggero nei contesti dell’Educazione degli adulti è importante per lo sviluppo individuale e sociale? Partendo da una ridefinizione di educazione degli adulti, il libro propone una riflessione sul senso profondo e sulla natura dell’apprendimento non formale. L’educazione degli adulti coinvolge gli individui in una pluralità di situazioni: in una classe o in una mostra, in un cinema o in una biblioteca, assistendo a una lezione o a una conferenza, ascoltando un concerto o guardando un film, in gruppo o da soli. Apprendere nei contesti di educazione degli adulti è come giocare, è attività di libera indagine personale svincolata da ogni finalità, è viaggio alla ricerca di sempre mutevoli significati. E, come nel gioco, nel fare “come se” è possibile acquisire informazioni, abilità e nuovi e molteplici punti di vista. “Ed è attraverso il “far finta di” che – sostiene l’autore – ognuno di noi può entrare in nuovi contesti d’esperienza e cercare ciò di cui ha bisogno, senza il rischio che la sua azione sia valutata in termini di performance”. L’apprendimento in età adulta dunque è una chiave per la crescita personale e al tempo stesso risorsa a fondamento dello sviluppo sociale. La libertà, l’autonomia, l’autorealizzazione si basano sempre più sulla capacità di accedere ai saperi e sulla competenza strategica di saper apprendere nelle diverse età della vita e nei diversi contesti. Con una prosa agile e come seguendo il ritmo dei movimenti di un brano orchestrale (il parallelo è dell’autore), Stefano De Camillis, esperto di educazione degli adulti e membro del Consiglio dell’Unieda, Unione italiana di educazione degli adulti, propone un’attenta riflessione sul concetto di apprendimento inteso – sostiene la professoressa Alberici nella postfazione – “come ricerca/esplorazione continua per essere attori del cambiamento”.



lunedì 11 maggio 2009

Fondazione Mondo Digitale



Ritengo sia gradevole visitare questo collegamento

http://www.mondodigitale.org/

Prologo



Chi confessa la propria ignoranza la mostra una volta, chi non la confessa, la mostra infinite volte (anonimo cinese)



Questo Blog ha il proprio focus nella discussione condivisa intorno alle possibilità e alle modalità dei processi di apprendimento e ai conseguenti cambiamenti nei servizi offerti alla persona dagli enti di orientamento e formazione.
Nasce dalla convinzione che il tema dell’innovazione porti con sé l'esigenza/opportunità di un apprendimento continuo: per il sistema (e quindi per la persone coinvolte, siano fruitori o orientatori/formatori) è determinante ripensare criticamente i propri successi e insuccessi, rivedere in modo continuativo le proprie routine consolidate, porre attenzione a tutti i segnali provenienti dall’ambiente.
Tutto ciò è sostenuto dalla convinzione che la persona che apprende rappresenta una risposta ai cambiamenti, alla complessità e all’incertezza ambientale dell'epoca attuale, e che la capacità ad apprendere diventa l’unica possibilità di sopravvivenza della persona e dell'organizzazione intera, divenendo un processo intrinseco necessario della vita personale e professionale.
Le competenze e le conoscenze delle persone rappresentano il vero vantaggio per evitare discriminazioni di ogni tipo.
Cosa ne pensate?