Translate

giovedì 30 aprile 2015

7 mosse per trovare lavoro grazie a Internet

La crisi ha reso sempre più difficile trovare un lavoro. Un aiuto, però, secondo il giornalista e formatore Riccardo Maggiolo può arrivare dal web. A patto di saperlo utilizzare: "Al momento è come avere uno smartphone e usarlo solo per mandare sms". Ecco allora sette consigli dell'esperto per servirsi di questa preziosa risorsa e aumentare le proprie chance di trovare un impiego.

Il lavoro sta diventando un'utopia in Italia, con la disoccupazione che ha raggiunto il record storico del 13,4% (Istat). "Le statistiche dicono però anche che ci sono 500.000 posti di lavoro disponibili nel nostro Paese", sottolinea il giornalista e formatore Riccardo Maggiolo, autore di un libro ricco di consigli utili per orientarsi nel nuovo mercato: Job Search 2.0(Franco Angeli Editore). "Quei dati sono un chiaro segnale che dobbiamo cambiare modo di cercare lavoro. Ci ostiniamo a puntare tutto sul curriculum, ma solo un 5% delle persone trova un'occupazione grazie a quest'ultimo, mentre ben il 70% lo fa attraverso qualcuno che conosce". Una raccomandazione? "No, quello che intendo è un onesto incontro tra domanda e offerta: tra chi possiede delle competenze e chi ne ha bisogno per la propria attività", chiarisce. "E internet è il mezzo migliore per potenziare questa preziosa rete sociale. Purché impariamo a utilizzarlo: al momento è come avere uno smartphone e usarlo solo per mandare sms". Ecco allora sette consigli dell'esperto per trarre il meglio dalla rete e trovare lavoro.

1. Espandi la rete
"Allarga i tuoi contatti su LinkedIn, Facebook e Twitter, purché siano di qualità. Non ti serve fare numero, procedi in modo mirato: non stai cercando un lavoro qualsiasi, ma il lavoro giusto per te, quindi crea un collegamento solo con le persone con cui hai un'affinità professionale e con le quali riesci a instaurare un rapporto di effettivo scambio. Una buona rete sociale arriva al massimo a contenere 200 persone, il resto sono relazioni occasionali che distraggono e fanno perdere tempo. Fai bene attenzione a presentarti in modo che il tuo profilo sia interessante e autorevole. Quindi abbi cura del tuo personal branding e fai in modo che per gli addetti del settore sia facile risalire a te. Renditi visibile, credibile e appetibile (nel libro ci sono tutti i trucchi pratici per farlo, nda)".

2. Mostra e dimostra
"Il classico cv non produce risultati. E la cosa è comprensibile: assumere una persona tramite una fredda sintesi di competenze, oltre che essere rischioso, è poco accattivante. È un po' come chiedere a una persona di sposarci mostrandole solo la nostra carta d'identità. Dare una prova concreta di cosa sai fare è il modo migliore per dimostrare al datore di lavoro il tuo valore. Se produci qualcosa di fisico (mobili, oggetti, frutta e verdura) il consiglio è scattare delle foto o girare un video che ti vede in attività e pubblicarlo online. Se, invece, non crei beni materiali ma idee e servizi, metti su un blog oppure un account Twitter o una pagina Facebook dove postare commenti o tutorial dove argomenti le tue competenze".

3. Discuti dei tuoi interessi
"Inizia a frequentare il giro giusto: le persone che fanno trovare lavoro sono quelle con cui condividi interessi e aspirazioni. Quindi segui forum e gruppi a te affini o se non ne trovi creane tu uno. Dimostrando la tua professionalità sul web avrai la possibilità di costruire relazioni che possono dare vita a nuove inattese opportunità".

4. Assumi il datore di lavoro
"Non aspettare che il mestiere dei tuoi sogni ti venga a cercare. Sta a te scegliere l'azienda in cui vorresti lavorare, quella cui pensi potresti offrire un vero vantaggio competitivo. Poi inizia a studiarla: ripercorri la sua storia, le tappe importanti raggiunte, i momenti difficili e i punti deboli, chi sono i dirigenti, quali sono i valori aziendali in modo da capire meglio come proporti. E poi quando arriverai al colloquio non sarà una fredda interrogazione, ma un dialogo tra due parti informate. Fai in modo che il datore si senta scelto e che veda in te un valore aggiunto".

5. Crea un progetto
"Un progetto è più efficace di qualsiasi cv, perché è la prova tangibile di quello che sai fare e del vantaggio che potresti offrire all'azienda, come ad esempio risolvere un problema o creare una nuova opportunità di guadagno. Non sei una delle tante persone che cerca un impiego, ma un professionista che fa la differenza. Chiedere la possibilità di presentare un nuovo progetto, invece che un colloquio, ti pone in un'ottica differente rispetto a un comune candidato. Anche se non ci sono posizioni aperte è probabile che ti riceveranno. E così avrai superato il primo ostacolo per farti conoscere".

6. Auto-candidati
"Cerca di entrare in contatto con una persona che lavora in azienda o ne conosce una che lo fa. Essere presentati da qualcuno ti permette di evitare la diffidenza nei confronti di un candidato che non si conosce. Se non riesci proponiti in modo autonomo. Insisti con cortesia per avere un incontro, almeno tre volte. Se non succede nulla, passa alla prossima azienda".

7. Esci
"Cercare lavoro è come fare sport: se sei solo e poco motivato tendi a non farlo. Se, invece, sei in compagnia le cose cambiano: costanza e disciplina sono qualità che si mantengono più facilmente insieme agli altri. Confrontarsi, parlare, suggerirsi a vicenda non solo aiuta a trovare l'impiego che fa per te, ma mette al riparo dal rischio depressione nei momenti di stallo. E poi più sono le antenne e più facile è captare nuove opportunità. Una buona idea è iscriversi a un Job Club nella tua zona (www.job-club.it), un gruppo di persone che si riuniscono per darsi una mano a trovare l'occupazione ideale e che si avvale del sostegno gratuito di psicologi del lavoro e orientatori. Perché l'unione, nel mondo del lavoro, fa la forza, e la differenza".

http://d.repubblica.it/attualita/2015/04/29/news/trovare_lavoro_consigli_rete_internet-2580756/?ref=HRLV-15


lunedì 27 aprile 2015

Sempre e continuamente ci alfabetizziamo ......


I quiz del Corriere - Google sa tutto  di noi, e voi cosa sapete di Google?

Quando un servizio online è gratis significa che il prodotto venduto sei tu. Regola aurea del Web che a un impero come Google si applica alla perfezione: la Big G offre una quantità anche difficilmente calcolabile di servizi, tutti gratuitamente. Lo s
cambio più o meno manifesto è con i nostri dati: chi siamo, cosa ci piace, dove navighiamo e come ci muoviamo. Negli ultimi giorni se n’è parlato molto, soprattutto a seguito della scelta di Google stessa di farci vedere cosa sa di noi: non solo i servizi di trasparenza-monitoraggio già presenti (qui come consultarli, ed eventualmente disattivarli in 6 mosse), ma la novità di poter scaricare lo storico delle nostre ricerche degli ultimi 5 anni.
Incrociando tutti questi dati, e i molti altri forse meno evidenti ed evidenziati, si ha la netta impressione che Google sappia davvero tutto di noi. Anche i nostri pensieri. Ma noi cosa sappiamo di Brin, Page e Schmidt? Ecco di seguito un gioco in 20 domande per scoprirlo. Come detto, è solo un gioco. La consapevolezza sulla nostra privacy lo è un po’ meno. Buon divertimento.


http://www.corriere.it/tecnologia/cyber-cultura/15_aprile_24/quiz-corriere-google-sa-tutto-noi-56986ba6-ea88-11e4-850d-dfc1f9b6f2f5.shtml#ancora


Copia il link e rispondi ....


lunedì 13 aprile 2015

Idee 128. Il prestigio degli insegnanti e la qualità dell’istruzione

Ho la sensazione che finora se ne sia parlato ancora troppo poco e in maniera frammentaria. Eppure, l’ha segnalato anche l’OCSE: sistemi scolastici eccellenti appartengono a paesi che valorizzano l’istruzione e gli insegnanti.
Un buon pretesto per tornare a parlarne è la recente assegnazione del primo Global Teacher Prize. Qui di seguito, in alcuni brevi paragrafi, metto insieme un po’ di fonti e provo a darvi conto delle finalità del premio, di alcune storie esemplari di insegnanti straordinari, dell’organizzazione e dei motivi che stanno all’origine dell’iniziativa (come mai c’è un imprenditore dell’istruzione privata globale? E di chi si tratta?) e, infine, dello status riconosciuto agli insegnanti nei diversi paesi.

Il Nobel della scuola. Il Global Teacher Prize (qui il sito) è un premio annuale del valore di un milione di dollari che vengono versati nel corso di dieci anni, a patto che l’insegnante vincitore continui a lavorare per almeno altri cinque anni dopo la vincita. È rivolto ai docenti innovativi e capaci di prendersi cura dei loro allievi, preparandoli a essere cittadini globali in un mondo nel quale saranno a contatto con persone di religioni, culture e nazionalità differenti. Capaci, inoltre, di offrire modelli originali di eccellenza per la professione dell’insegnante.
Il premio, insomma, si propone di rendere visibili pratiche eccellenti e modelli di ruolo positivi, di valorizzare la figura dell’insegnante e, di conseguenza, di incentivare i ragazzi a scegliere la carriera dell’insegnamento. Sembra un approccio convincente.

Storie esemplari. Qui la cronaca della premiazione con un ritratto della vincitrice, che afferma:“Ho cambiato il modo di insegnare, ho fatto innovazione senza chiedere il permesso a nessuno“. I suoi allievi leggono 40 libri all’anno, scelti secondo il gusto e gli interessi personali.
Tra gli altri finalisti: la cambogiana Phalla Neang, inventrice di un metodo per insegnare ai ragazzi ciechi, l’afgano Azizullah Royesh, che promuove l’istruzione femminile e ha lottato con le sue studentesse contro lo stupro legalizzato, l’americano Stephen Ritz, che nel deserto di povertà del Bronx meridionale fa crescere orti e muri verdi. Dico davvero: guardatevi la sua Ted conference e scoprite che tipo è.

Due italiani tra i primi 50. In questo primo anno sono arrivate al premio oltre 5000 segnalazioni.Due gli italiani tra i cinquanta finalisti. Daniele Manni insegna da 28 anni informatica presso l’Istituto Tecnico Economico Costa, a Lecce. Da sempre destina il 50% delle ore di lezione
ad argomenti che non appaiono nei programmi ministeriali: innovazione, creatività, cambiamento. Aiuta i suoi studenti a creare nuove imprese nel turismo, nel settore agroalimentare, in campo informatico. Li incoraggia a occuparsi di temi sociali. Leggete questa intervista.
Daniela Boscolo insegna inglese in provincia di Rovigo, all’Istituto Tecnico Economico Colombo di Porto Viro. Fa l’insegnante di sostegno e ha escogitato metodi innovativi per lavorare con i ragazzi disabili. Nel 2010 ha vinto il premio italiano “miglior insegnante dell’anno”. Ha inventato il supermercato a scuola e un corso di cucina: “la didattica deve andare oltre le lezioni frontali”, dice. Leggete questa intervista.

Chi ha inventato il premio. Sunny Varkey, imprenditore e filantropo, nasce nel Kerala, in India, ma vive a Dubai, un posto stranissimo anche oggi: una quinta di neon e grattacieli in mezzo al nulla. Riesco a stento a immaginare come potesse essere negli anni Settanta, appena dopo la scoperta del petrolio avvenuta nel 1966.
Dopo essersi trasferiti a Dubai i genitori di Varkey insegnano inglese e nel giro di pochi anni aprono una scuola. Varkey comincia a occuparsene negli anni Ottanta. In seguito crea una rete di scuole private nel mondo arabo. Poi apre scuole in Inghilterra, e poi in India, Kenya, Uganda, Egitto, Svizzera, Stati Uniti, Cina… oggi, scrive Huffington Post, Varkey ne gestisce 132 sparse in diverse nazioni, con oltre 142.000 studenti provenienti da 151 paesi e oltre 11.000 insegnanti. Le scuole vanno dall’asilo al 12 grado di istruzione secondo la scala americana (17 anni, il termine della scuola secondaria, che negli Stati Uniti dura quattro anni).
Nel 2010 Varkey apre la sua fondazione filantropica, la GEMS Foundation. Bill Clinton ne è presidente onorario. In rete si trovano poche interviste a Varkey: qui ce n’è una rilasciata a Gulfbusiness nel 2013.

L’importante è arrivare. Lo scrive il New York Times: Varkey dice di non essere stato un alunno studioso, e non è laureato. Le sue scuole hanno costi diversi, ma vogliono offrire la medesima educazione di qualità. La differenza sta nelle dimensioni delle classi, che per soluzioni più economiche superano i 30 allievi, e nella disponibilità di strutture accessorie. “È come sugli aerei”, dice Varkey ” c’è la prima classe e c’è la classe economica.” Ma arrivi a destinazione comunque. L’approccio sembra interessare soprattutto i genitori immigrati delle classi medie che, specie nei paesi in via di sviluppo, non hanno molte alternative.

Rispetto per gli insegnanti. Può apparire curioso che sia proprio Varkey, un imprenditore dell’istruzione privata, ad avere così a cuore un tema di pubblico interesse com’è quello del rispetto e del riconoscimento del valore degli insegnanti. Eppure, a pensarci bene, la cosa ha un senso, sia sotto il profilo filantropico sia sotto quello imprenditoriale.
La Varkey Foundation censisce lo status degli insegnanti in 21 paesi: in Italia siamo agli ultimi posti (diciottesimi su 21). Qui il rapporto completo. Qui, invece, un’infografica di sintesi.
Questo articolo esce anche su internazionale.it. Se vi è piaciuto potreste leggere anche:
Quanto deve cambiare la scuola del duemilaLinguaggio ed emarginazione: la sfida da 30 milioni di parole

http://nuovoeutile.it/prestigio-degli-insegnanti/