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lunedì 8 aprile 2013

Il futuro dell'educazione accademica? M.O.O.C.





 
I modelli, le formule e i formati dell'insegnamento accademico americano stanno cambiando radicalmente. Negli ultimi mesi, le più importanti università statunitensi hanno formato alleanze strategiche per fornire corsi online a costo zero. Dallo scorso aprile, Stanford, Princeton, Berkeley, University of Pennsylvania e University of Michigan offrono numerosi seminari e lecture attraverso Coursera, una startup della Silicon Valley il cui ambizioso tentativo di reinventare la formazione superiore viene seguito da queste parti con particolare attenzione. Coursera offre una dozzina di corsi online, con temi che spaziano dalla poesia all'informatica, dalla teoria dei giochi all'alimentazione, ma il numero è destinato a crescere considerevolmente nei prossimi mesi. La risposta della Harvard University e del Massachusetts Institute of Technology (MIT) non si è fatta attendere. A maggio le due prestigiose istituzioni hanno dato vita a edX, un progetto altrettanto ambizioso per offrire corsi gratuiti online. Il progetto ha un budget di oltre 60 milioni di dollari. E' questo è solo l'inizio di una rivoluzione che ha già un acronimo: MOOC, massively online open courses.

E' legittimo attendersi che, nel giro di una decade, gli studenti - anche quelli internazionali - potranno laurearsi online selezionando una serie di corsi delle più prestigiose università mondiali direttamente dal proprio laptop. Un pacchetto di corsi che include il meglio dell'accademia americana, da Stanford a Yale, dal MIT a NYU. Il presupposto chiave è che nel ventunesimo secolo, l'università, intesa come luogo fisico e concreto, si reinventa come servizio, luogo post-geografico, accessibile 24 ore su 24 da chiunque e da qualunque luogo del mondo. In questo senso, le iniziative digitali dell'Ivy League statunitense rappresentano il punto di arrivo di un processo di diffusione della cultura accademica che si è concretizzata in esperimenti di grande successo come OpenCourseware (MIT) e iTunes U, senza dimenticare il brillante lavoro svolto da Salman Khan con la sua Khan School. Il rivoluzionario progetto di Khan ha ispirato, tra i tanti, Sebastian Thrun, docente di Stanford e co-inventore delle automobili automatiche di Google, che quest'anno ha lasciato il college californiano per lanciare Udacity, una start-up che si propone di assumere i top talenti nell'ambito dell'educazione per offrire lo stato-dell-'arte dei corsi online. Ciò che accomuna Coursera e Udacity è l'imperativo di garantire l'accesso alle lezioni a tutti gli studenti a costo zero. In altre parole, si tratta di progetti open e non-profit, decentralizzati e flessibili.

La buona notizia è che la qualità e quantità dei corsi online è aumentata enormemente rispetto ai primi esperimenti nel settore dell'e-learning, caratterizzati da una tragica incompetenza pedagogica di fondo e da limiti tecnologici non indifferenti. Il vero ostacolo, oggi come ieri, è di natura politica, non tecnologica. Nel momento in cui gli studenti potranno convertire i crediti "virtuali" accumulati seguendo le lezioni gratuite in crediti "reali", in veri e propri "diplomi" - ed è solo questione di tempo- assisteremo a un vero e proprio cambio di paradigma nel settore dell'educazione universitaria. L'epicentro di questa rivoluzione copernicana è il Nord America. Le ragioni sono numerose, ma per semplificare ci limitiamo ad osservare che il sistema universitario americano è il più dinamico, professionale ed avanzato del mondo. Lo conferma il recente studio di Universitas 21, un network globale di ricerca universitaria che misura il livello qualitativo delle istituzioni accademiche mondiali. Il report pubblicato (link al file PDF) qualche settimana fa ha preso in esame le istituzioni pubbliche e private di 48 paesi mondiali, valutandole sulla base di parametri quali risorse (investimenti pubblici e privati), output (l'impatto della ricerca svolta dalle varie istituzioni), connettività (la capacità di collaborare con altre nazioni) ed ambiente (la diversità dei campus e opportunità offerte agli studenti). Le venticinque nazioni leader nel settore dell'educazione sono:
 


 

 
Gli Stati Uniti dominano in settori quali la ricerca, risorse ed impatto extra-accademico. Non è una sorpresa, ma la performance dell'Italia è pessima su quasi tutti i fronti (unica eccezione: investimenti statali). I risultati dello studio parlano da soli:


 

 


 

 
 
Questi dati sono particolarmente preoccupanti perché una nazione che non investe in formazione di qualità è una nazione senza futuro. La tecnologie digitali potrebbero offrire al Belpaese un'importante opportunità di crescita e sviluppo. Ovviamente, la conditio sine qua non è che nella stanza dei bottoni dell'accademia italiana ci siano leader in grado di a) comprendere e b) massimizzare il potenziale pedagogico offerto dalle nuove tecnologie, M.O.O.C. in primis.
La domanda sorge spontanea: ci sono?