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martedì 18 febbraio 2014

Noi siamo il nostro cervello (Dick Swaab)

Dick Swaab

Dick Swaab è tra i più influenti scienziati olandesi.
È stato direttore dell’Istituto Olandese di Ricerca sul Cervello fra il 1978 e il 2005 e nel 1985 ha fondato la Netherlands Brain Bank (Banca Olandese del Cervello), un archivio dati che ha avuto e ha tuttora l’obiettivo di fornire dati per le ricerche cliniche e neuropatologiche. Dal 1979 è docente di Neurobiologia alla Facoltà di Medicina dell’Università di Amsterdam.
È autore di articoli scientifici. Ha svolto seminari presso la Anhui Medical University a Hefei, la Capital University of Medical Sciences di Pechino e laStanford University. È professore emerito presso il Max Planck Institut für Psychiatrie a Monaco.

Nel 2010 Swaab ha deciso di raccogliere il suo bagaglio di conoscenze in un libro che in Olanda è diventato subito un best seller e in Italia è stato tradotto nel 2011 da Elliot Edizioni con il titolo “Noi siamo
il nostro cervello”. Il libro traccia un quadro ampio e articolato del funzionamento del cervello, affrontando una vasta serie di argomenti, a partire dalla gestazione per arrivare alla fine della vita. In capitoli brevi a carattere divulgativo vengono trattati sia gli aspetti classici – come il funzionamento della memoria, i disturbi neuropsichiatrici, le malattie degenerative – sia le questioni di grande attualità, come l’identità di genere e la transessualità. Nel 1985, infatti, Dick Swaab ha conquistato le prime pagine dei quotidiani internazionali con l’articolo, pubblicato sulla rivista Science, in cui dimostrava l’esistenza di differenze rintracciabili nell’ipotalamo fra eterosessuali e omosessuali.

Noi siamo il nostro cervello
Intervista al neuroscienziato olandese Dick Swaab.

Professor Swaab, la prima parte del suo libro è dedicata allo sviluppo del cervello prima della nostra nascita. Quanto è importante questa fase della nostra vita?
A partire dall’utero materno, e proseguendo nei primi anni dopo la nascita, il nostro cervello si sviluppa ad altissima velocità creando una rete di 100 miliardi di neuroni che si sviluppa per una lunghezza complessiva di 100.000 chilometri. L'unicità del nostro cervello dipende dall’informazione genetica racchiusa nelle nostre cellule e da tutti i fattori che in qualche modo hanno interagito con il nostro cervello durante le fasi precoci dello sviluppo. Per questo motivo la maggior parte dei nostri tratti caratteristici, talenti e limiti, vengono impressi in questa fase precoce della nostra esistenza: dalla personale attitudine a essere persone più attive al mattino o alla sera, al nostro grado di spiritualità, dall’attitudine a diventare nevrotici, aggressivi, anti-sociali, anti-conformisti, alla possibilità di sviluppare malattie mentali come la schizofrenia, l’autismo, la depressione e la dipendenza.
Quanto avviene nel nostro cervello nei primi mesi di vita impone limiti interni che renderanno poi difficile, una volta adulti, modificare identità di genere, orientamento sessuale, aggressività, carattere, religione e lingua d’origine. Quindi la nostra unicità è dominata dal modo in cui il nostro cervello si è strutturato nel tempo. Noi siamo il nostro cervello.

Molti degli argomenti affrontati nel volume hanno a che fare con l’ipotalamo, facendo supporre che questa porzione del cervello sia il fil rouge di tutti i suoi studi. Ce lo conferma?
Direi di sì. L’ipotalamo è una struttura cruciale per la sopravvivenza di un individuo e della sua specie e inoltre svolge un ruolo determinante nella formazione dell’identità di genere e nell’orientamento e nel comportamento sessuale.

Dalle sue esperienze professionali si osserva come la ricerca sul cervello abbia dovuto abbattere forti tabù per poter fare dei passi avanti. Cosa può dirci in proposito?
Quando, con i miei collaboratori, abbiamo riferito della prima differenza riscontrata nel cervello degli uomini omosessuali rispetto a quelli eterosessuali, le reazioni sono state fortemente negative. Anche se ancora non mi sono chiare le ragioni di una risposta così emotiva, credo che il bagaglio lasciatoci dagli anni Sessanta e Settanta, un’epoca in cui si pensava di poter trasformare tutto e che ogni bambino venisse al mondo come un foglio bianco, abbia giocato un ruolo importante.
A distanza di 10 anni, l’uscita su Nature dell’articolo in cui riferivamo della prima inversione di una differenza sessuale nei transessuali, è stato accolto da reazioni soprattutto positive. La scoperta è stata subito utilizzata dai transessuali per ottenere una diversa indicazione del sesso nel certificato di nascita o sul passaporto. Il nostro articolo è stato utilizzato a tale scopo anche presso la Corte europea di giustizia e in Inghilterra ha contribuito alla promulgazione di norme legislative in materia. La società era pronta. Attualmente vengono pubblicati molti articoli sulle differenze che il cervello umano presenta in relazione all’identità di genere e all’orientamento sessuale senza che questo crei sconcerto nella società.

Quale prevede sarà il versante di ricerca che nei prossimi anni evolverà più velocemente degli altri?
Nel mio libro parlo del rapido sviluppo della neuroterapia, la quale prevede per esempio il reperimento di cellule staminali, la terapia genica, la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS), e una serie di dispositivi che mettono in relazione il cervello con un computer esterno, come i sistemi di supporto in caso di disabilità. È bene chiarire ai lettori che si tratta di sviluppi estremamente interessanti che non diventeranno applicazioni cliniche prima della prossima generazione di pazienti. Non creiamo false speranze.

Professor Swaab, lei ha fondato la Netherlands Brain Bank. Quali sono i reali vantaggi di studiare il cervello umano rispetto ai modelli animali?
Da quando 25 anni fa è nata la Netherlands Brain Bank, abbiamo fornito materiale documentato dal punto di vista clinico e neuropatologico a più di 500 progetti in 25 Paesi. Oltre a rappresentare l’intero quadro clinico di una malattia, cosa che i modelli animali riescono a fare in modo parziale, lo studio del cervello umano postmortem ci permette, grazie alle tecnologie dei microarray, di capire in che modo l’espressione genica contribuisce all’insorgenza di queste malattie e di ricavare le informazioni necessarie a individuare i bersagli per nuove e più efficaci strategie terapeutiche. Per esempio, solo grazie al materiale biologico umano abbiamo scoperto che nei transessuali si assiste al rovesciamento delle differenze sessuali a livello dell’ipotalamo. Come avremmo potuto valutare se un animale si percepisce maschio o femmina?

In base alla sua esperienza, quali motivazioni spingono le persone a donare il proprio cervello alla scienza?
Sono entusiaste dell’opportunità di poter contribuire al progresso scientifico; è un gesto di speranza per le generazioni future. Purtroppo, però, mentre i donatori affetti da malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, non mancano, è più difficile reperire i donatori sani o il materiale biologico di pazienti affetti da depressione, schizofrenia, disturbi alimentari. Una triste constatazione dal momento che con questi ulteriori contributi il progresso nella conoscenza di queste malattie sarebbe certamente più rapido.

Fonte:
Istituto Nazionale di Neuroscienze

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