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mercoledì 5 febbraio 2014

Corsi online, il bilancio 18 mesi dopo: sono le università del futuro o una bolla?

Un’analisi di queste accademie globali della rete. A scuola corsi Mooc gratuiti
e senza profitti, nelle aziende aggiornamento online, di classe e a pagamento.
Università del futuro o nuova bolla online? 

La consacrazione del New York Times o la doccia fredda per i troppi corsi subito deserti? E soprattutto, chi paga e come? In un anno e mezzo sui Mooc (massive open online courses) i corsi universitari gratuiti via internet, si è detto di tutto, che avrebbero risolto miseria e fame nei paesi in via di sviluppo o che avrebbero costretto alla chiusura atenei illustri, dalla Normale di Pisa alla Sorbona e Harvard. Un primo bilancio, come sempre, lascia aperte le speranze di progresso, ma senza dar ragione ai soliti ottimisti del web.
Udacity creata da Sebastian Thrun, l’ideatore dei Mooc ispirato dal pioniere Salman Khan, sembra forse il primo successo nel business. Il sogno utopico di Thrun, una comunità di migliaia di persone con cui condividere gratis il suo sapere su robotica e tecnologia, è stato presto sconfitto dalla realtà, troppo costoso fare di un ragazzo degli slum di Delhi un dottore in fisica quantistica grazie al tablet. E il progetto pilota di Udacity con l’università di San Josè in California, partito alla fine del 2012, rivela che il rendimento degli studenti online è troppo scarso rispetto a quelli che vivono davvero nei campus universitari.
Thrun perde cosí fede nei Moocs spontanei, si converte in manager e studia un progetto che, secondo quanto dichiarato a Fast Company ha l’ambizione di generare nel primo anno 1,3 milioni di dollari: coinvolge la grande azienda di telecomunicazioni AT&T e Udacity diventa una piattaforma dedicata alla formazione professionale dei quadri nelle aziende. All’operazione collabora il Georgia Institute of Technology e, per la prima volta, diventa possibile ottenere una laurea riconosciuta ufficialmente, via Mooc. Ben 2.360 studenti propongono la loro candidatura per il corso in “Computer Science program”, ma solo 375 vengono ammessi alle lezioni, cominciate lo scorso 15 gennaio. I nuovi laureandi digitali hanno in media 11 anni in più degli studenti tradizionali e pagano molto meno: 7mila dollari, contro i 45mila del campus. Fiutata l’aria, Linkedin (www.linkedin.com), il social network dei professionisti, apre alle più importanti compagnie di istruzione online - Coursera, EdX, lynda.com, Pearson, Skillsoft, Udacity e Udemy - e dà la possibilità agli utenti di sfoggiare nel profilo i Mooc completati.
A differenza di Udacity, però, i classici atenei di Boston, Mit e Harvard, non si fanno subito scoraggiare dal basso numero di studenti che completano i corsi online e passano l’esame via il “Mooc provider”, EdX. Un loro rapporto appena pubblicato sulle classi Autunno 2012-Estate 2013 calcola che sui 17 corsi online, 43.196 iscritti hanno ottenuto l’attestato di frequenza finale, 35mila hanno seguito solo metà corso, 300mila, da veri bighelloni digitali, nemmeno una lezione. Successo? Fallimento? Secondo la ricerca Harvard-Mit, non è un fallimento del modello Mooc perché «gli utenti di EdX non sono “studenti” in senso stretto, la registrazione non ha costi, né richiede un impegno, dunque indicatori tradizionali come il tasso di iscrizione o la percentuale di diplomi fanno perdere molte sfumature, come i casi di studenti pur molto capaci che si iscrivono solo per imparare un aspetto specifico del corso e lasciano subito dopo. In un ambiente globale, online e gratuito, bisogna riconsiderare il significato di parole come “studente” e “apprendimento”».
Ma ora anche EdX, oltre alle classi universitarie, scommette sulla formazione professionale, annunciando una partnership con il World Economic Forum - che organizza il grande convegno mondiale di Davos. Attraverso una nuova Forum Academy, il Wef fondato dal professor Klaus Schwab metterà a disposizione di professionisti e organizzazioni il proprio network di eccellenze in campo accademico, politico e manageriale per produrre corsi certificati. Già pronti i primi tre: “Global Technology Leadership”, “Automotive Industry Leadership” e “New Vision for Agriculture”. Insomma anche se non vi invitano tra i Vip di Davos, potete discutere con loro e ascoltarne le idee, almeno online.
In Italia, intanto, sono pochi gli atenei che ha
nno osato mettere piede nel campo ancora incerto dei Mooc: i primi sono stati, su Coursera, La Sapienza, con corsi su archeologia, meccanica quantistica e architettura, e l’università Bocconi, che ha messo in vetrina “Gestione di società di moda e lusso”, “Finanziamento e investimento in infrastrutture” e “Organizzazione internazionale e di leadership”. Hanno puntato, invece sul Mooc provider tedesco, Iversity, l’Università di Firenze, con un corso di Filosofia politica e L’accademia di Belle Arti di Catania, che propone un corso base di design.
La rivoluzione online ha creato molte difficoltà ai vecchi contenuti, dalla musica ai media: l’università almeno avrà il tempo di prepararsi, anche se per ora il quadro sembra chiaro, a scuola corsi Mooc gratuiti e senza profitti, nelle aziende aggiornamento online, di classe e a pagamento. 


http://www.lastampa.it/2014/01/29/tecnologia/corsi-online-il-bilancio-mesi-dopo-sono-le-universit-del-futuro-o-una-bolla-pDvtQgDvcfvzlCNmEUADEM/pagina.html


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