«La laurea può allargarti la mente, ma anche gonfiarti il portafoglio». L’Economist - nomen omen - non usa perifrasi. Forse il linguaggio è un po’ brutale, ma il principio sacrosanto. Giusto che un laureato guadagni più di un diplomato. Quando capita il contrario, vuol dire che qualcosa non va. Come a Cuba, dove un medico ospedaliero inchiodato alla miseria dello stipendio statale guadagna meno di una cameriera di un grande albergo che arrotonda con le mance dei turisti. E infatti in tutti i Paesi Ocse, cioè in tutte le economie di mercato rette da un governo democratico, la laurea comporta un significativo vantaggio economico. Che però varia considerevolmente da Paese a Paese.
Il valore aggiunto del titolo di dottore è massimo in Irlanda e negli Stati Uniti, dove i laureati beneficiano anche di un prelievo fiscale basso. La laurea paga bene anche negli ex Paesi del Blocco di Varsavia (Polonia, Slovenia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) che - nota l’Economist - storicamente risentono della mancanza di laureati a fronte di un’alta richiesta di lavoratori qualificati. Mentre funziona meno nei Paesi nordici e nel Benelux (Svezia, Danimarca, Norvegia, Belgio e Olanda) che abbondano di «dottori» e per di più li tartassano.
Italia maglia nera
E in Italia? In Italia, è vero, il prelievo fiscale è molto alto, ma i laureati sono mosche bianche. E non è solo un’eredità del passato: anche fra i giovani dobbiamo accontentarci di un misero laureato ogni quattro 25-34enni: peggio di noi nella classifica Ocse fa solo il Messico. Con così pochi dottori in giro ci sarebbe da aspettarsi un vantaggio economico molto consistente. E invece non è così. Da noi lo scarto nello stipendio fra diplomati e laureati è basso, troppo basso, come ha più volte ricordato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Siamo sui livelli della Norvegia che però ha il doppio di laureati di noi (un giovane su due). Una situazione che si traduce in circolo vizioso: continuiamo ad avere pochi laureati perché l’università è considerata poco attraente e infatti in Italia il tasso di iscrizione degli studenti a un corso di laurea di primo livello è del 37%, molto inferiore rispetto alla maggior parte dei Paesi dell’Ocse.
Laurea, dottorato o master per noi pari sono
Ma c’è di peggio. In Italia non è soltanto la laurea a non pagare il giusto dividendo rispetto al diploma di scuola superiore. Nemmeno il dottorato o il master fanno la differenza. Negli altri Paesi chi decide di fare un investimento ulteriore in istruzione ne ottiene in cambio un sensibile aumento di stipendio. Da noi, invece, laurea o dottorato pari sono. Colpa di un tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese che non sanno valorizzare lavoratori altamente qualificati come chi possiede un Phd. E poi ci si chiede come mai facciano le valigie... Secondo un recente rapporto Istat il 12,9 per cento dei dottori di ricerca vivono all’estero, dove in media guadagnano 830 euro in più dei colleghi rimasti in Italia. E soprattutto hanno un impiego più a misura del loro profilo, visto che da noi invece un dottore di ricerca su 4 (nel caso delle donne, uno su tre) fa un lavoro che non ha nulla a che vedere con l’attività di ricerca e sviluppo.
http://www.corriere.it/scuola/universita/cards/laurea-italia-allarga-mente-ma-non-gonfia-portafogli/quanto-paga-laurea-mondo_principale.shtml
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