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venerdì 25 novembre 2016

FLIPPED CLASSROOM (la classe capovolta)

L’idea-base della «flipped classroom» è che la lezione diventa compito a casa mentre il tempo in classe è usato per attività collaborative, esperienze, dibattiti e laboratori. In questo contesto, il docente non assume il ruolo di attore protagonista, diventa piuttosto una sorta di “mentor”, il regista dell’azione pedagogica. Nel tempo a casa viene fatto largo uso di video e altre risorse e-learning come contenuti da studiare, mentre in classe gli studenti sperimentano, collaborano, svolgono attività laboratoriali. A tutti gli effetti il «flipping» non è tanto un approccio pedagogico, quanto una filosofia da usare in modo fluido e flessibile, a prescindere dalla disciplina o dal tipo di classe. È importante che il tempo ‘guadagnato’ in classe grazie al flipping venga usato in maniera ottimale e che le risorse utilizzate dallo studente nel tempo a casa siano di qualità elevata, oltre ad essere calibrate sul livello di conoscenza fino a quel momento raggiunto dal giovane. Una libreria di contenuti integrata con video online vagliati in base a qualità e accessibilità è il miglior punto di partenza per ottenere un buon risultato finale.

Non serve banda larga, non servono computer, non serve la lavagna interattiva multimediale né le fotocopie. Servono però insegnanti formati, capaci di fare anche i blogger, di lavorare in modo cooperativo. E - cosa non banale – serve che ogni studente abbia a disposizione uno smartphone e una connesione internet quando si trova a casa. Tutto sommato, forse, un obiettivo più raggiungibile che fornire una connessione a circa l'80% delle scuole – tra primarie e secondarie – che ancora oggi ne sono prive.
Sono questi gli ingredienti della "flipped classroom", ovvero la "classe capovolta", una rivoluzione della scuola che non passa per le riforme di sistema ma per la sperimentazione quotidiana degli insegnanti. In Italia la "flipped classroom" fa breccia, visto che dal 2014 (anno di fondazione dell'associazione Flipnet Onlus) a oggi ci sono già 600 insegnanti formati e 120 sezioni di scuola in cui 'ufficialmente' si pratica la didattica capovolta. L'interesse pare destinato a crescere: a Roma la Palestra dell'Innovazione è stata presa d'assalto da docenti arrivati da tutta Italia per assistere al primo convegno nazionale sul tema.
Una didattica inclusiva. "La scuola italiana è una scuola di qualità, soprattutto le scuole dell'infanzia e elementari. Quindi non riformatele: semmai date più soldi per comprare la carta igienica – ha detto il linguista e ex ministro dell'Istruzione Tullio De Mauro – Quando comincia il diasastro? Negli ultimi anni delle scuole superiori. E allora cosa differenzia il primo pezzo dal secondo? Che la scuola primaria è inclusiva, non ci sono bocciati, che utilizza lo spazio per favorire l'interattività dei gruppi e valorizza la dimensione laboratoriale". "La flipped classroom – ha proseguito De Mauro - apre la strada a una didattica inclusiva, in cui gli studenti stanno in classe non per assistere passivi alla lezione, ma per studiare insieme ed essere seguiti individualmente".
Non serve banda larga, non servono computer, non serve la lavagna interattiva multimediale né le fotocopie. Servono però insegnanti formati, capaci di fare anche i blogger, di lavorare in modo cooperativo. E - cosa non banale – serve che ogni studente abbia a disposizione uno smartphone e una connesione internet quando si trova a casa. Tutto sommato, forse, un obiettivo più raggiungibile che fornire una connessione a circa l'80% delle scuole – tra primarie e secondarie – che ancora oggi ne sono prive.
Sono questi gli ingredienti della "flipped classroom", ovvero la "classe capovolta", una rivoluzione della scuola che non passa per le riforme di sistema ma per la sperimentazione quotidiana degli insegnanti. In Italia la "flipped classroom" fa breccia, visto che dal 2014 (anno di fondazione dell'associazione Flipnet Onlus) a oggi ci sono già 600 insegnanti formati e 120 sezioni di scuola in cui 'ufficialmente' si pratica la didattica capovolta. L'interesse pare destinato a crescere: a Roma la Palestra dell'Innovazione è stata presa d'assalto da docenti arrivati da tutta Italia per assistere al primo convegno nazionale sul tema.
Una didattica inclusiva. "La scuola italiana è una scuola di qualità, soprattutto le scuole dell'infanzia e elementari. Quindi non riformatele: semmai date più soldi per comprare la carta igienica – ha detto il linguista e ex ministro dell'Istruzione Tullio De Mauro – Quando comincia il diasastro? Negli ultimi anni delle scuole superiori. E allora cosa differenzia il primo pezzo dal secondo? Che la scuola primaria è inclusiva, non ci sono bocciati, che utilizza lo spazio per favorire l'interattività dei gruppi e valorizza la dimensione laboratoriale". "La flipped classroom – ha proseguito De Mauro - apre la strada a una didattica inclusiva, in cui gli studenti stanno in classe non per assistere passivi alla lezione, ma per studiare insieme ed essere seguiti individualmente".
Usare lo smartphone a scuola. Maurizio Maglione è un insegnante di chimica dell'Istituto Professionale Alberghiero Domizia Lucilla di Roma, ha scritto con Fabio Biscaro il libro La classe capovolta che ha aperto la strada anche in Italia a questa sperimentazione: "Insegniamo in classi spesso sporche, in cui regna l'incuria. Gli strumenti sono pochi, ma non dobbiamo cadere nel gioco del cane che si morde la coda, non ci sono computer o tablet a disposizione per tutti, ma tutti i nostri studenti hanno uno smartphone in tasca. Allora facciamoglielo usare, con l'idea che noi docenti prima di tutto dobbiamo rispondere alla loro domanda: 'ma a cosa servono le cose che ci state insegnando?'". In una "classe capovolta" l'insegnante mette a disposizione degli alunni dei materiali in rete, delle vere e proprie lezioni registrate, che possono essere anche risorse già presenti in internet ("un ragazzo impara certamente moltissimo dalla lettura della Divina Commedia di Benigni", suggerisce ad esempio Maglione) e che vengono studiate a casa di pomeriggio. La mattina, in classe, i ragazzi sono coinvolti in laboratori, lavori di gruppo, che mettono al centro la loro creatività e le loro intelligenze. "Dobbiamo focalizzare molto bene la differenza tra conoscenze e competenze – ha detto ancora Maglione – e cominciare a cambiare noi stessi, come insegnanti, diventando capaci di lavorare in rete, scambiandoci esperienze, proposte. Il circolo del cane che si morde la coda deve diventare virtuoso".
La rivoluzione del world wide web. Ma il ribaltamento della classe prima che tecnologico deve essere culturale, ha sottolineato Paolo Ferri dell'Università di Milano Bicocca, ricordando che quando il tecnico informatico britannico Tim Berners-Lee inventò il world wide web lo fece per le esigenze della comunità scientifica "che sin dal '500 si basa su tre presupposti: i risultati devono essere pubblici, revisionabili e controllabili". Internet, insomma, nasce proprio come strumento della conoscenza, prima di diventare il mezzo di condivisione di qualsiasi cosa. Allora, è il discorso di Ferri, se si assume questo concetto ecco che l'utilizzo della tecnologia non diventa un orpello, ma il presupposto di una "svolta di paradigma" che porta con sé a cascata una rivoluzione: del setting d'aula, della relazione con gli studenti e la famiglia, e anche del processo di valutazione. Che, ha detto Mario Castoldi dell'Università di Torino, "deve smetterla di essere un momento isolato, separato, falsamente oggettivo", ma deve essere incentrato sui processi: la valutazione deve essere giocata nella quotidianità e non nel voto asettico di fine anno.
Sviluppare la creatività. Certo, i passi in avanti da fare sono tanti. Prima di tutto la formazione dei docenti. Ma anche uno svecchiamento culturale: basti pensare che non è mai stata abrogata la circolare che vieta l'uso del telefonino in aula. E poi, la ricerca di connessioni con il territorio. Come la Palestra dell'Innovazione di Roma che – ha ricordato il direttore Alfonso Molina – ha già messo in rete 90 scuole in Italia per supprotarle nella diffusione di una didattica che insegni il pensiero aperto. Perché creativi non si nasce, si diventa.

http://www.repubblica.it/scuola/2015/02/14/news/flipped_classroom_scuola-107238673/

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