Cittadinanza attiva: una definizione
Con l’espressione “cittadinanza attiva” si è soliti
indicare la partecipazione consapevole di una persona alla vita politica e il
suo pieno inserimento nella rete di diritti e doveri che sono costitutivi dell’essere
cittadino.
Perché fare Media
Education.
Secondo Pier Cesare Rivoltella
(Media Education, Carocci, 2001), fra i maggiori esperti di M.E. in Italia,la
necessità di educare ai media si fonda su tre ordini di considerazioni:
Alfabetico: se oggi la
trasmissione culturale e l’interazione sociale si realizzano in buona parte
attraverso i media gli individui non possono fare a meno di conoscere i loro
linguaggi e di utilizzarli.
Metodologico: se, come è
vero, i media si fanno luoghi di produzione e promozione culturale, il sistema
formativo (scuola, famiglia, educatori) non può continuare ad usare solo i
metodi tradizionali di mediazione culturale: ad essi vanno affiancati i nuovi.
Critico: l’educazione ai
media non intende fornire agli individui solo competenze tecniche, essa mira
congiuntamente a sviluppare una consapevolezza culturale: dunque saper usare i
media ma anche saper interagire con essi in maniera riflessiva e responsabile.
L’urgenza
di tale intervento è giustificata inoltre da altre due
considerazioni:
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La concezione dei media quali sistemi di rappresentazione della realtà,
una rappresentazione che si teme non essere sempre veritiera ma guidata da
scelte ideologiche o da obiettivi strategici, di comunicazione e di mercato.
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Ancora a proposito del perché dedicarsi all’educazione ai media, Len
Masterman, (“Teaching the Media”, Routledge, London, 1985) fra i maggiori
teorici della Media Education, nel 1985 individua 7 ragioni fondamentali:
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La pervasività dei Media. grande spazio che i media occupavano nella
vita dei giovani. Nei 12 anni della scuola primaria e secondaria: 11.000 ore
erano trascorse nelle aule scolastiche a fronte di 15.000 passate davanti alla
tv, oltre alle 10.500 date alla popular music. Un tempo più che sufficiente per
ottenere un vero e proprio curricolo di apprendimento, come si è già osservato.
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I media costituiscono un’industria delle coscienze Non sono neutrali.
Comprano audience per venderla ai pubblicitari. Impongono modi e stili di vita.
Controllano economia e politica. Masterman paragona il controllo di una radio o
televisione locale al possesso di un castello lungo un fiume o nella vallata
durante il medioevo. Si tratta del controllo di un territorio; nel caso dei media del controllo
delle “coscienze”, cioè dei potenziali consumatori (dei prodotti pubblicizzati
dai media) e dei cittadini (da cui ci si aspetta il consenso elettorale).
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I media sono una formidabile fabbrica delle notizie secondo le rigide
regole dell’agenda setting. (sono loro che stabiliscono ciò che è rilevante per
la comunicazione nella società) o del gate keeper (sono loro i guardiani che
filtrano le informazioni che diverranno di dominio comune). La multinazionale
delle agenzie di stampa fornisce e “media” la stragrande maggioranza delle
notizie che troviamo sui giornali, alla radio e in televisione. Per quali interessi? A favore di chi? E a danno
di quali gruppi? Che cosa viene “lasciato passare” e che cosa non verrà
diffuso? La scuola dovrà aiutare gli alunni a leggere criticamente i giornali.
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Esiste uno stretto rapporto tra ME e democrazia. L.Jospin, ministro
dell’educazione nazionale del governo francese agli inizi degli anni ‘90, a
conclusione del Colloquio dell’Unesco a Toulouse (1990) sulle nuove tendenze
della Media education a livello mondiale, affermava: “Non c’è democrazia senza
partecipazione, non c’è cittadinanza attiva senza formazione, non c’è
formazione senza informazione, cultura, consapevolezza critica. Se vogliamo che
i media servano la vita democratica di un paese, dobbiamo partire da un
approccio democratico ed educativo ai media nella scuola. La scuola è
necessaria”
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L’importanza dell’audiovisivo nella vita moderna. La nostra società è
in qualche modo una società dell’immagine; viviamo avvolti in un flusso
continuo di suoni e immagini. I giovani in particolare avvertono il fascino
della comunicazione audiovisiva. Si tratta di un linguaggio che deve essere
decodificato ed anche usato nelle esercitazioni scolastiche.
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La privatizzazione dei media: self media, new media, Internet. La
stanza del giovane è diventata in molti casi una piccola centrale di
comunicazione in collegamento con tutto il mondo. Il “villaggio globale”, la
“piazza del mercato”, l’“areopago” sono ormai di casa e il ragazzo d’oggi è un
abile regista che sa scegliere, dosare, integrare i vari media che ha a
disposizione per i suoi interessi personali (Così viene rilevato nell’ultima
ricerca del prof. M. Morcellini, 2000a).
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Dobbiamo educare i giovani per il futuro e il futuro appartenere al
mondo della comunicazione e in particolare alla comunicazione mediata
(Thompson, 1998; Mattelart, 1998).
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Oggi la crescente digitalizzazione e globalizzazione dei media, la più
grande diversificazione dell’offerta, i problemi valoriali ed etici che essa
pone, ripresentano e confermano le ragioni che fanno della Media education un compito imprescindibile
della scuola e dell’educazione, oggi (cf Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni sociali, Etica della comunicazione, Roma, 4 giugno 2000).
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