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venerdì 2 agosto 2013

Media Education e Cittadinanza

Cittadinanza attiva: una definizione
Con l’espressione “cittadinanza attiva” si è soliti indicare la partecipazione consapevole di una persona alla vita politica e il suo pieno inserimento nella rete di diritti e doveri che sono costitutivi dell’essere cittadino.

Perché fare Media Education.

Secondo Pier Cesare Rivoltella (Media Education, Carocci, 2001), fra i maggiori esperti di M.E. in Italia,la necessità di educare ai media si fonda su tre ordini di considerazioni:

Alfabetico: se oggi la trasmissione culturale e l’interazione sociale si realizzano in buona parte attraverso i media gli individui non possono fare a meno di conoscere i loro linguaggi e di utilizzarli.
Metodologico: se, come è vero, i media si fanno luoghi di produzione e promozione culturale, il sistema formativo (scuola, famiglia, educatori) non può continuare ad usare solo i metodi tradizionali di mediazione culturale: ad essi vanno affiancati i nuovi.
Critico: l’educazione ai media non intende fornire agli individui solo competenze tecniche, essa mira congiuntamente a sviluppare una consapevolezza culturale: dunque saper usare i media ma anche saper interagire con essi in maniera riflessiva e responsabile.
L’urgenza di tale intervento è giustificata inoltre da altre due considerazioni:
ü  La constatazione che i media inducono rilevanti trasformazioni al contesto socio-culturale: trasformazioni generalmente percepite nella loro valenza negativa e dunque intese quali minacce di traumatici cambiamenti in seno alle comunità sociali, cambiamenti che possono favorire la scomparsa di forti identità nazionali in favore di una sempre più diffusa omologazione delle masse, o che accompagnano l’accesso alla comunicazione con una accresciuta ricchezza interna al paese, oppure al contrario che sottolineano la condizione di arretratezza e povertà nei Paesi esclusi dai sistemi di comunicazione di massa.
ü  La concezione dei media quali sistemi di rappresentazione della realtà, una rappresentazione che si teme non essere sempre veritiera ma guidata da scelte ideologiche o da obiettivi strategici, di comunicazione e di mercato.
ü  Ancora a proposito del perché dedicarsi all’educazione ai media, Len Masterman, (“Teaching the Media”, Routledge, London, 1985) fra i maggiori teorici della Media Education, nel 1985 individua 7 ragioni fondamentali:
ü  La pervasività dei Media. grande spazio che i media occupavano nella vita dei giovani. Nei 12 anni della scuola primaria e secondaria: 11.000 ore erano trascorse nelle aule scolastiche a fronte di 15.000 passate davanti alla tv, oltre alle 10.500 date alla popular music. Un tempo più che sufficiente per ottenere un vero e proprio curricolo di apprendimento, come si è già osservato.
ü  I media costituiscono un’industria delle coscienze Non sono neutrali. Comprano audience per venderla ai pubblicitari. Impongono modi e stili di vita. Controllano economia e politica. Masterman paragona il controllo di una radio o televisione locale al possesso di un castello lungo un fiume o nella vallata durante il medioevo. Si tratta del controllo di un  territorio; nel caso dei media del controllo delle “coscienze”, cioè dei potenziali consumatori (dei prodotti pubblicizzati dai media) e dei cittadini (da cui ci si aspetta il consenso elettorale).
ü  I media sono una formidabile fabbrica delle notizie secondo le rigide regole dell’agenda setting. (sono loro che stabiliscono ciò che è rilevante per la comunicazione nella società) o del gate keeper (sono loro i guardiani che filtrano le informazioni che diverranno di dominio comune). La multinazionale delle agenzie di stampa fornisce e “media” la stragrande maggioranza delle notizie che troviamo sui giornali, alla radio e in televisione. Per  quali interessi? A favore di chi? E a danno di quali gruppi? Che cosa viene “lasciato passare” e che cosa non verrà diffuso? La scuola dovrà aiutare gli alunni a leggere criticamente i giornali.
ü  Esiste uno stretto rapporto tra ME e democrazia. L.Jospin, ministro dell’educazione nazionale del governo francese agli inizi degli anni ‘90, a conclusione del Colloquio dell’Unesco a Toulouse (1990) sulle nuove tendenze della Media education a livello mondiale, affermava: “Non c’è democrazia senza partecipazione, non c’è cittadinanza attiva senza formazione, non c’è formazione senza informazione, cultura, consapevolezza critica. Se vogliamo che i media servano la vita democratica di un paese, dobbiamo partire da un approccio democratico ed educativo ai media nella scuola. La scuola è necessaria”
ü  L’importanza dell’audiovisivo nella vita moderna. La nostra società è in qualche modo una società dell’immagine; viviamo avvolti in un flusso continuo di suoni e immagini. I giovani in particolare avvertono il fascino della comunicazione audiovisiva. Si tratta di un linguaggio che deve essere decodificato ed anche usato nelle esercitazioni scolastiche.
ü  La privatizzazione dei media: self media, new media, Internet. La stanza del giovane è diventata in molti casi una piccola centrale di comunicazione in collegamento con tutto il mondo. Il “villaggio globale”, la “piazza del mercato”, l’“areopago” sono ormai di casa e il ragazzo d’oggi è un abile regista che sa scegliere, dosare, integrare i vari media che ha a disposizione per i suoi interessi personali (Così viene rilevato nell’ultima ricerca del prof. M. Morcellini, 2000a).
ü  Dobbiamo educare i giovani per il futuro e il futuro appartenere al mondo della comunicazione e in particolare alla comunicazione mediata (Thompson, 1998; Mattelart, 1998).

ü  Oggi la crescente digitalizzazione e globalizzazione dei media, la più grande diversificazione dell’offerta, i problemi valoriali ed etici che essa pone, ripresentano e confermano le ragioni che fanno della  Media education un compito imprescindibile della scuola e dell’educazione, oggi (cf Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, Etica della comunicazione, Roma, 4 giugno 2000).
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